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EMERGENZA SANITARIA

Coronavirus, gesti di solidarietà come risposta a un clima di angoscia

Claudio Bodini*

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27 Febbraio 2020 - 16:13

Coronavirus, gesti di solidarietà come risposta a un clima di angoscia

Claudio Bodini presidente di Padania Acque

Josè Saramago, premio Nobel ‘98 per la letteratura, scomparso nel 2010, è l’autore di un libro capolavoro del 1995, «Cecità». La trama: in una città qualunque, di un Paese qualunque, un automobilista è fermo al semaforo, in attesa del verde, quando si accorge improvvisamente di non vedere più nulla, tutto è bianco. In pochi giorni l’intera popolazione diviene cieca per un misterioso virus. La reazione psicologica della gente a ciò che accade è devastante. Si scatenano terrore, panico, violenza, tutti sono contro tutti. I governanti mettono in atto azioni drammatiche di convivenza sociale, incapaci di far fronte all’epidemia, rinchiudono tutti in manicomi per paura dei contagi. È il trionfo della irrazionalità umana e del degrado. Unico scopo è la sopravvivenza a discapito del prossimo. Una storia fantastica, apocalittica, irreale, ma che fa riflettere sui comportamenti degli uomini messi di fronte a scelte di sopravvivenza di se stessi e degli altri. Una storia che per certi versi ci cala nella nostra drammatica attualità soprattutto per l’analogia ai sentimenti verso gli altri. Cosa sta succedendo alla nostra città, alla nostra gente, alla nostra Lombardia? L’epidemia di questo nuovo virus influenzale è qualcosa di imprevedibilmente diabolico che, di colpo, ha scosso la vita di tutti noi, fatta di abitudini, di tran tran, di beghe in tv tra i politici, di rigori non fischiati, di problemi quotidiani, di multe in divieto di sosta, della spesa da fare. Un’epidemia che nel suo dramma porta con sé una connotazione particolare: l’angoscia dell’inconscio. Che accadrà? Quando finirà tutto questo? Ci ammaleremo tutti? Come riusciremo a risolvere la situazione? Nessuno ci dà soluzioni, tutti hanno paura di tutti. I meccanismi sociali e le reazioni emotive innescate dalle epidemie sono sempre le stesse. Il morbo invisibile e il contagio che si diffonde inarrestabile suscitano da secoli paure e comportamenti irrazionali, con l’immancabile «caccia all’untore» di Manzoniana memoria. Il sociologo Umberto Galimberti sostiene che «gli eccessi di angoscia portano a comportamenti pazzi, non mirati» e continua «non ci si può difendere dalla diffusione del virus e si finisce per dubitare di tutti, con la conseguenza che i rapporti personali diventano sempre più inquietanti», diventiamo diffidenti e molto spesso razzisti. Probabilmente in un Paese in cui il parere dell’amico al bar - e io aggiungo - del politico tuttologo in televisione valgono di più degli esperti, solo la scienza e la competenza possono difenderci dall’improbabile e dall’angoscia originaria dell’uomo». Affidarci con fiducia ai consigli dei medici, adottare comportamenti di prevenzione, stili di vita più prudenti, rispetto per la salute degli altri, dovrebbero connotare i nostri gesti quotidiani: quando siamo raffreddati, per esempio, dobbiamo indossare una mascherina ed evitare di stringerci le mani, e lavarle spesso tutti i giorni. L’igiene personale, le forme di prevenzione, la limitazione dei contatti con persone ammalate, l’isolamento e i periodi di quarantena sono sicuramente ottimi rimedi per evitare o rallentare la circolazione dei virus. Bene hanno fatto le nostre amministrazioni ad affrontare con decisione questa emergenza, una catena di attività ben organizzate ha sicuramente impedito al virus di diffondersi ulteriormente. La Prefettura, la Protezione civile, gli amministratori pubblici stanno monitorando tutta la provincia; le forze dell’ordine, i sanitari, la Caritas, i parroci, i volontari stanno dando supporto ai cittadini nell’emergenza; le tv, i giornali e i nuovi media diffondono puntualmente le informazioni tra la gente; anche le società pubbliche, nonostante le malattie e le assenze forzate, con i loro uomini stanno facendo turni extra per garantire i servizi pubblici essenziali di acqua, gas e energia elettrica, teleriscaldamento, rifiuti. E tutti noi cosa potremmo fare per alleviare questo dramma che ci ha colpito? Per esempio aiutare chi in questi giorni ha dovuto isolarsi per sospetti di contagio. Non dimentichiamo che purtroppo ognuno di noi potrebbe essere venuto a contatto con soggetti contagiati e che potrebbe essere messo in quarantena e in isolamento per un paio di settimane. E allora? Potremmo dare un senso alla nostra vita, cercando la luce della solidarietà proprio come la protagonista del romanzo di Saramago, una donna, la moglie del medico, che è la sola che non ha mai perso la vista e che dona la propria esistenza in aiuto a coloro che sono diventati ciechi. Forse anche noi potremmo fare come lei, adottare comportamenti di umanità, dedicare un po’ di tempo alle persone in difficoltà, perché mai come in questi momenti, segregati da una malattia, invalidati da un infortunio o anche dalla solitudine dell’età, gesti come una telefonata, la spesa al supermercato o in farmacia, possono alleviare le sofferenze e allora anche questa epidemia non sarà così triste perché avrà degli antidoti in più: l’amicizia, la solidarietà e il grande cuore della nostra gente.

*Presidente di Padania Acque

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