L'ANALISI
21 Gennaio 2020 - 15:16
CREMONA (21 gennaio 2020) - La cassiera nel frattempo andata in pensione, il direttore della filiale, attualmente in servizio a Brescia, ma che in pensione ci andrà fra sette giorni, il carabiniere all’epoca in servizio a Cremona, venuto su da Viterbo, il cliente che, intanto, è diventato nonno sette volte, l’ispettore della squadra mobile anche lui già in pensione. Del resto, sono trascorsi 12 anni e 36 giorni da quel 10 dicembre del 2007, lunedì, quando un tizio con il berretto da baseball in testa e il taglierino in tasca, entrò in banca: l’Ubi Banca di via Mantova, ma, allora, si chiamava Banco di Brescia.
Ed è così che ben 12 anni e 36 giorni dopo, oggi, nel corridoio del Tribunale si è assistito ad una ‘carrambata’. Si sono ritrovati qui l’ex cassiera, il quasi ex direttore, il cliente oggi settantenne, tra i testi del pm Milda Milli.
Saluti e abbracci, fuori. Dentro, in aula hanno ripescato nella memoria qualche pezzo dell’assalto che fruttò 6mila euro al rapinatore poi fuggito dopo aver chiuso tutti in bagno. Per l’accusa è Pietro di nome, Riccio di cognome, «molto ricciolino» nei ricordi dell’ex cassiera.
Pretendere che dopo tutti questi anni, i rapinati si ricordassero, per filo e per segno, l’assalto, è impossibile. E nessuno lo ha preteso: né il pm né i tre giudici. In loro soccorso c’erano le dichiarazioni rese alla squadra mobile il 17 marzo del 2008, ovvero tre mesi dopo la rapina, quando la memoria era ancora fresca e tutti riconobbero, chi «con massima certezza», chi «senza ombra di dubbio», Riccio nella foto numero 3 sulle 6 loro esibite. Un tipo sui 25 anni, un metro e settanta di altezza, magro, carnagione scura, accento campano.
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