CALCIO
05 Gennaio 2020 - 07:32
Patrizia Bonvini insieme al marito Roberto Scuto
PIEVE D'OLMI (5 gennaio 2020) - «Ho perso il mio angelo. Il nostro angelo. Abbiamo vissuto insieme trent’anni. Ci amavamo da quando lei aveva 17 anni e io 18. Si è presa di cura di me e di nostro figlio. Sempre. Ogni giorno. Avevamo progetti, tanti progetti, che adesso sono niente. Volevamo trascorrere la vecchiaia in una casa vicino al mare. Insieme, come il resto della vita. Mia moglie era una persona unica. Non so come potrò continuare a vivere senza di lei. Non posso nemmeno immaginarlo». C’è uno strazio infinito nelle parole di Roberto Scuto, 49 anni, il marito di Patrizia Bonvini, l’infermiera 47enne (lavorava nel reparto di ematologia) morta la notte tra giovedì e venerdì nella villetta di Pieve D’Olmi nella quale viveva con il marito e il figlio Matteo, 18 anni, rimasti entrambi intossicati insieme a un vicino, il 48enne Davide Ghilotti (quest’ultimo in maniera più lieve). «Ho una ferita alla testa. L’ho battuta quando sono svenuto. Mio figlio lo abbiamo salvato in extremis, preso per i capelli. Adesso devo trovare la forza di proteggerlo, di crescerlo. Mia moglie diceva che ero imperfetto e anche mio figlio è imperfetto. Ma diceva che a volte da due persone imperfette nasce qualcosa di buono».
Per Scuto ripercorrere i minuti in cui ha tentato di soccorrere la moglie significa vivere un dolore immenso. I momenti peggiori della sua vita. Le parole arrancano. A volte gli manca il respiro.
L'INTERVISTA INTEGRALE SU LA PROVINCIA DI DOMENICA 5 GENNAIO 2020
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