L'ANALISI
03 Giugno 2019 - 08:02
VILLANOVA (3 giugno 2019) «La sentenza della Corte di Cassazione sulla cannabis light? Fumo negli occhi, perché in realtà per chi rispettava i parametri non cambia nulla». A voler fare chiarezza sul provvedimento del 30 maggio, da più parti definito come una scure che si abbatte su coltivatori e rivenditori di prodotti a base di canapa, è Andrea Schiavi, che qualche anno fa è stato fra i primi nella Bassa a credere in questo business. In località Pianta d’oro a Villanova ha avviato una coltivazione di canapa e subito dopo ha iniziato a vendere i prodotti nel suo negozio di frutta e verdura a Busseto. La sentenza, in sostanza, dice «che la cannabis light e i derivati sono commercializzabili a patto che il thc (tetraidrocannabinolo ovvero il fattore drogante, ndr) sia basso. I risvolti penali ci sono solo dallo 0,6 di thc. Sono previsti controlli sia prima, con i carabinieri che vengono a verificare le piante, sia dopo con la possibilità di sequestrare i prodotti in vendita per testarli. Ma di fatto la sentenza ha confermato i limiti e chi li rispetta non è perseguibile penalmente. Il modo in cui è stata raccontata, però, ha creato un malinteso».
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