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Truffa degli alpeggi d'oro, indagati due cremonesi

Sono accusati di aver intascato indebitamente contributi europei, beni sequestrati per 1,8 milioni di euro

Francesco Pavesi

Email:

fpavesi@cremonaonline.it

06 Maggio 2019 - 21:36

Truffa degli alpeggi d'oro, indagati due cremonesi

CREMONA (6 maggio 2019) - Sono accusati di aver intascato indebitamente contributi europei destinati all’agricoltura, realizzati grazie all’attività di alpeggio, tra il 2013 e il 2017. I militari del Gruppo carabinieri forestale di Brescia, a seguito di ordinanza del gip del tribunale di Cremona, Elisa Mombelli, hanno concluso l’esecuzione di una serie di sequestri preventivi finalizzati al confisca di beni e liquidità per un valore pari a oltre 1,8 milioni di euro a carico di due imprenditori agricoli originari del cremonese. L'accusa, nei loro confronti, è quella di truffa aggravata ai danni dello Stato.

L’indagine nasce gemella a quella della procura di Bergamo che poche settimane fa ha portato a sequestri di beni per circa 500 mila euro a carico di alcuni imprenditori bergamaschi, affittuari di Malga Zumella del Comune di Paspardo e Malga Frisozzo del Comune di Cimbergo: unico elemento comune però tra queste due compagini di truffatori è la coesistenza sugli alpeggi del territorio comunale di Cimbergo.

In questo secondo caso gli alpeggi interessati sono quelli di Alpe Marmor, territorio che ricomprende tutta la conca del Volano a partire da poco oltre il rifugio De Marie sino alle creste sottostanti il bivacco Macherio e il Tredenus.

A seguito delle segnalazioni da parte di alcuni allevatori locali, sono partiti da parte della Stazione Carabinieri Forestale di Breno, a partire dall’estate 2016, una serie di controlli sui terreni di Alpe Marmor di Cimbergo. Su detti terreni, sia nel 2016 che nel 2017, degli oltre 200 ovi-caprini presenti sui registri di alpeggio non è mai stata trovata traccia, con un pascolamento solo 'su carta' che se non rendeva certo benefici ambientali al territorio, risultava ottimamente funzionale all'accaparramento di enormi somme di denaro pubblico.

A ciò si aggiunga che la maggior parte degli ettari dichiarati in alpeggio al fine di conseguire i contributi della Pac di fatto non esistevano: tramite apposite perizie infatti questi imprenditori agricoli avevano magicamente trasformato ampie aree di inaccessibili boscaglie in pascolo arborato, differenza questa sostanziale che ha permesso di incrementare notevolmente le erogazioni pubbliche. Inoltre i soggetti, grazie allo spacchettamento dei Titoli della Pac e delle superfici a loro in uso su più aziende, attraverso l’utilizzo di prestanome, raggiravano abilmente i limiti previsti dalla normativa nazionale relativi al tetto massimo di contributi percepibili per singola azienda agricola, massimizzando ancora una volta in modo fraudolento quanto percepito.

L’attività truffaldina delle aziende indagate si estendeva oltre che sulla conca del Volano sugli altri alpeggi di proprietà del Comune di Cimbergo ma in territorio trentino, in Comune censuario di Daone (Trento) nonché su ulteriori vastissime superfici distribuite al nord e centro Italia.

La misura cautelare disposta dal gip di Cremona giunge pertanto in esito ad una lunga e complessa attività di indagine che inizialmente incardinata presso la procura di Brescia con titolare il pm Ambrogio Cassiani ha visto il successivo trasferimento per competenza territoriale alla procura della Repubblica di Cremona con titolarità della pm Milda Milli.

L’esito complessivo di entrambi i filoni di indagine sulle truffe in alpeggio, ovvero quello della procura bergamasca e quello della procura cremonese, entrambe generate a partire dal territorio di Cimbergo e condotte dalla Stazione Carabinieri Forestale di Breno, lascia emergere un quadro alquanto preoccupante, con i territori e l’agricoltura di montagna, già di per sé dotati di un fragile equilibrio, sottoposti ad un vero e proprio assedio da parte di truffatori e speculatori, unicamente interessati ai cospicui contributi pubblici a fondo perduto percepibili nelle attività di alpeggio.

Un fenomeno quello rilevato che genera danni enormi alla collettività, oltre che sotto il profilo erariale (complessivamente le due indagini hanno accertato una frode di circa 2 milioni e mezzo di euro), sotto il profilo sociale e ambientale.

È chiaro infatti che in sede di bando per le superfici di alpeggio nessun allevatore onesto è in grado di competere con i canoni proposti da questi speculatori che di fatto non hanno spese, non possedendo nella realtà nessuna stalla o sede aziendale, nessun capo di bestiame, nessun dipendente o mezzo agricolo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA DI TESTI E FOTO

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Commenti all'articolo

  • kgraffittarok

    07 Maggio 2019 - 11:08

    i nomi dei vigliacchi non si fanno.. privacy

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  • kgraffittarok

    07 Maggio 2019 - 11:06

    VIGLIACCHI

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