L'ANALISI
28 Marzo 2019 - 21:01
CREMONA - Alle 6.30 di giovedì 28 marzo, il livello del Po segnava meno 7 metri e 25 centimetri, alle 17 ne aveva persi altri cinque, attestandosi a meno 7 e 33 sullo zero idrometrico. Cifre che passeranno alla storia del fiume, visto che la secca 2018-2019 è tra le più disastrose dopo quella del 2006 (meno 7,75), del 2003 (meno 7,72) e del 2005 (meno 7,60). Il Po è una stretta striscia azzurra tra due argini sempre più lontani e carichi di plastica: non c’è albero o arbusto che non abbia sui rami buste, pannolini avvoltolati, reti divelte, pezzi di moquette.
Dalla grande ansa di Casalmaggiore fino alla foce dell’Adda, il colore dominante non è più quello dell’acqua ma della sabbia, dell’argilla, della ghiaia delle rive o dei sassi bruciati degli argini, con il segno del livello sempre più in alto. Non si sente neppure l’odore del fango: è tutto secco e le poche pozze rimaste, dove si cibano le garzette, stanno per scomparire per evaporazione. Il fiume soffre e con lui tutto il meraviglioso ecosistema padano.
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