L'ANALISI
16 Novembre 2018 - 08:11
CREMONA - Ritardi, treni cancellati, carrozze sovraffollate e posti a sedere occupati da passeggeri senza biglietto: le cronache dei pendolari cremonesi sono ormai ripetitive. Tanto che ormai, ironizzano, è il convoglio che arriva in orario a fare notizia. Con l’idea di raccontare la mattinata di chi deve prendere i mezzi di Trenord, ieri la prova sul campo: viaggio sul ‘2650’, in partenza da Cremona alle 7,32 con arrivo programmato a Milano Centrale alle 8,42.
Alle 7,15 sul primo binario si sono già formati capannelli di chi si ritrova abitualmente per cercare di viaggiare insieme: posti permettendo. La voglia di raccontare è tanta. Cristian, docente al Politecnico e pendolare da 25 anni, spiega: «Quando ho cominciato a prendere il treno per Milano i convogli avevano 11 carrozze, 900 posti in tutto. Con gli anni siamo arrivati ad avere, come è successo, 5 carrozze di cui tre fuori servizio. Però c’è la prima classe: inutile. E a Ponte Adda (Pizzighettone) c’è già gente in piedi».
Dopo la sosta a Codogno alle 7,56 — quattro minuti di ritardo —, spostamento in prima classe: lì c’è Cristina, architetto e pendolare da 17 anni. Ha preso le misure delle sedute del treno e le ha passate alla mamma, la quale le ha confezionato un coprisedile: «Ho anche — spiega — una pezza di stoffa che uso per sedermi sui gradini, quando i sedili sono tutti occupati».
Mattia, viaggiatore da sette anni, racconta di quella volta che «sono arrivato a casa alle 2,30 del mattino. Il treno delle 22.30 si era fermato a Codogno, dove ci avevano annunciato un bus. Ma il mezzo non c’era e per portarci a Cremona Trenord ha noleggiato un taxi solo, che ha spostato i viaggiatori di un intero treno tre alla volta».
Con loro c’è anche Mariangela e tutti insieme svelano che hanno l’abbonamento per la seconda classe, ma che «esiste un tacito accordo con i controllori per cui quando la seconda è piena, ci sediamo in prima classe. Del resto — aggiungono — questa non è realmente una prima classe, ma una seconda ‘ribattezzata’».
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