L'ANALISI
22 Maggio 2018 - 20:46
Il palazzo di Giustizia
CREMONA - Quel bacio alla francese ‘rubato’, ben undici anni fa, alla sua capa immobilizzata in una stanza dell’azienda, gli è costato l’accusa di violenza sessuale. Undici anni dopo, oggi, benché «regolarmente citata» per testimoniare, Vilma, 56 anni, «la parte offesa», non si è presentata al processo. Per l’assenza ingiustificata, il presidente Giuseppe Bersani, con i giudici Francesco Sora e Giulia Masci, l’ha condannata a versare 250 euro alla cassa delle ammende. Li dovrà versare anche il suo compagno, teste citato regolarmente e assente «senza giustificato motivo».
Il 4 ottobre del 2007, Vilma prima confidò quella violenza al suo compagno, quindi corse dai carabinieri a denunciare il suo dipendente Hassan, coetaneo, marocchino, residente nel Lodigiano, sposato.
Aula penale, due e mezza del pomeriggio. Non c’era Vilma, non c’era il compagno. E nemmeno Hassan, che il 6 marzo del 2017, quando gli venne notificata la data dell’udienza preliminare con la richiesta di rinvio a giudizio della procura, trasecolò. Stavolta, corse lui dall’avvocato Ugo Carminati.
In mano, l’imputazione di violenza sessuale, «perché, con violenza consistita nell’abbracciarla con forza, impedendole di muoversi, costringeva Vilma a subire atti sessuali. In particolare, stringendola a sé, la baciava sulla bocca con la lingua, eccitandosi, nel mentre proferiva testualmente ‘Mi piaci, lo sai che mi sei sempre piaciuta’. Quel giorno, nello studio del suo legale, Hassan trasecolò. Erano passati dieci anni dal fatto «che il mio cliente non solo non ricordava, ma ha negato». Che cosa accadde undici anni fa nella stanza dell’azienda, Vilma dovrà raccontarlo ai giudici il 18 settembre prossimo.
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