L'ANALISI
CREMONA. IL RACCONTO DEL PRETE
31 Ottobre 2017 - 20:15
Don Giuseppe Ghisolfi dopo aver testimoniato
CREMONA - «Mi impegno a dire la verità...». Undici e trenta del mattino di martedì 31 ottobre, aula penale. Don Giuseppe Ghisolfi, parroco della Beata Vergine Lauretana e storico professore di religione al liceo Manin, racconta ai giudici la verità su quanto accaduto nel pomeriggio del 25 gennaio 2016. Un lunedì movimentato dentro e fuori l’oratorio frequentato dagli anziani e dai ragazzi del quartiere di Borgo Loreto. Quel giorno, Semia Rachid, marocchino, lo ha insultato e minacciato. Al termine del processo, Rachid verrà condannato a dieci mesi di reclusione per minacce. A processo c’era finito con l’accusa, più grave, di tentata estorsione, la stessa contestata all’amico Aziz Sarfal, 37 anni, marocchino come lui, richiedente asilo, che quel lunedì pretese soldi dal don, lo insultò, lo minacciò, e aggredì i poliziotti. Aziz finì in carcere, patteggiò per resistenza e lesioni ai poliziotti presi a calci e pugni. Successivamente fu condannato per tentata estorsione.
Nei confronti di Rachid, martedì 31 il presidente Giuseppe Bersani (a latere i giudici Giulia Masci e Francesco Sora) ha riqualificato il reato: non tentata estorsione (il pm Ignazio Francesco Abbadessa aveva chiesto 3 anni e 6 mesi di reclusione), ma minacce, perché a differenza del connazionale, Rachid non pretese denaro dal don, come ha sottolineato l’avvocato Giovanni Bertoletti.
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