L'ANALISI
14 Settembre 2017 - 08:01
Francesco Lamanna
CREMONA - Nell’aprile del 2016, il giudice per l’udienza preliminare, Francesca Zavaglia, aveva chiuso il primo grado pronunciando 58 condanne, fino ad un massimo di 15 anni; ora, in Appello a Bologna, è arrivata una sostanziale conferma di quella sentenza e, quindi, dell’impianto accusatorio che riconosce esistenza e affari di una «radicata propagazione» della cosca calabrese dei Grande Aracri fra Lombardia ed Emilia Romagna: non è un’ombra ma una presenza concreta e insidiosa quella della ‘ndrangheta a cavallo tra Cremona e la Bassa Piacentina e fra Parma e Reggio Emilia oltre che nei rispettivi territori. Un’organizzazione piramidale ai cui vertici, stando almeno al secondo atto del processo che incornicia l’operazione ‘Aemilia’, ci sarebbero a livello nazionale il presunto boss, Nicolino Grande Aracri, condannato a sei anni e otto mesi di reclusione nonostante non rispondesse di associazione mafiosa e, a livello locale, quello che viene ritenuto il suo ‘luogotenente’, il crotonese trapiantato al Boschetto Francesco Lamanna, sulle cui spalle è caduta una pesante condanna a 12 anni.
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