L'ANALISI
31 Dicembre 2016 - 11:19
Slot machine in una foto d'archivio
CREMONA - È sul gioco d’azzardo, e nello specifico sulle azioni di contrasto alla ludopatia, che si sviluppa la polemica di fine anno. Dopo che il Comune ha inasprito le norme, con una stretta sugli orari di apertura delle sale slot, erano insorti esercenti del settore e categorie di riferimento. Ora, invece, è la maggioranza a replicare a quelle critiche. Schierandosi con la giunta.
«L’ordinanza è prevista dal regolamento comunale delle sale da gioco d’azzardo lecito e per il funzionamento e l’installazione di apparecchi da gioco, approvato all’unanimità dal consiglio comunale il 29 febbraio scorso — si affidano alla normativa, in principio di intervento, Alessio Antonioli, consigliere comunale di Fare Nuova la città, Filippo Bonali, consigliere di Sinistra per Cremona e Luigi Lipara, consigliere del Partito Democratico —. Mantiene lo spirito del regolamento, non ha carattere punitivo, bensì di tutela della salute pubblica in particolare dei consumatori psicologicamente più deboli, dei giovani e delle loro famiglie. Non ha certamente la pretesa di essere risolutiva circa il fenomeno della dipendenza da gioco d’azzardo, ma è una risposta concreta all’allarme emergente e sarà certamente cura della polizia locale effettuare i controlli».
Citano Rosi Bindi, presidente della Commissione Parlamentare antimafia: ‘Nella relazione sulle infiltrazioni mafiose e criminali nel gioco lecito e illecito che abbiamo approvato nel luglio scorso, proponiamo che i sindaci possano decidere dove (la questione delle distanze dai luoghi sensibili) ma anche dire che nel loro territorio una certa quantità di azzardo legale non ci può stare’ aveva detto Bindi. Il punto è questo: un Comune deve poter decidere su orari, quantità e dislocazione dei punti e degli apparecchi di gioco».
Infine una considerazione di natura economica: «Dove si gioca vanno in depressione i consumi naturali e necessari: aumento insolvenze, acquisto cibi scadenti, rischio ricorso ad usura, aumento micro reati. Inoltre quando gli italiani giocano d’azzardo, l’imposta indiretta sui giochi è la più bassa mai applicata a un consumo: su 100 euro spesi per acquistare un paio di scarpe, vanno aggiunti 22 euro di Iva. Sulla stessa somma spesa in azzardo l’imposta indiretta è in media di 8,7 euro».
Dunque: «Meno consumi, meno tasse versate; più spesa in azzardo, meno consumi; più spesa in azzardo, meno tasse ricavate dallo Stato».
Conclusione: «Crediamo che contenere il gioco d’azzardo — chiosano Antonioli, Bonali e Lipara nella loro ‘difesa’ del giro di vite dell’amministrazione — convenga davvero a tutti e ben vengano allora gli strumenti che ne limitino la diffusione».
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