SOS ACQUA
30 Dicembre 2016 - 19:13
CREMONA - Ha preteso un pagamento in Bitcoin, la cripto-moneta che garantisce transazioni (quasi) anonime via Internet, per ‘liberare’ tutti i documenti sequestrati dal computer. Un’estorsione in piena regola. Il caso è accaduto ad una impresa cremonese che non ha ceduto al ricatto e ha presentato una querela in procura nei confronti del pirata informatico: tale Harry Webinar, che forse dall’India ha inviato la mail lavandos@dr.com e, in alternativa, lavandos.@india.com con la richiesta di denaro: 33 Bitcoins in tutto, pari a 13.300 euro (un Bitcoin vale 404 euro). E con le modalità del pagamento scritte in inglese.
Il fatto è raccontato nelle cinque pagine di querela presentata in procura dall’avvocato Luca Curatti, il legale dell’azienda che ravvisa almeno due reati: l’accesso abusivo a sistema informatico aggravato e la tentata estorsione.
La mail è stata inviata alle 15,43 del 6 dicembre all’indirizzo di posta elettronica della ditta cremonese.
«Da Harry Webinar (lavandos@dr.com). Oggetto: Re decrypt file. Contenuto in inglese: «Hey! We can decrypt your data, here is price: 7 Bitcoins in 20 hours without any stupid questions and test decryption, 10 Bitcoins if you need more than 20 hours to pay us, but less than 48 hours, 16 Bitroins if you need more than 48 hours to pay us...» «Il pirata ha scritto che i dati potevano essere decriptati solo dietro pagamento a lui stesso, per conto di lavandos@dr.com ovvero lavandos@india.com», dice l’avvocato Curatti. Per riavere i dati, l’azienda doveva pagare dai 7, ai 10, ai 16 Bitcoins «a seconda che il pagamento venisse effettuato rispettivamente nelle 20 ore, ovvero dalle 20 alle 48 ore, ovvero in più di 48 ore» e che «in mancanza, non vi sarebbe stato altro modo possibile per recuperare i dati carpiti e criptati». Dati che, di conseguenza, sarebbero andati dispersi. Il caso è ora finito in procura.
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