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GUERRIGLIA URBANA A CREMONA
25 Ottobre 2016 - 08:15
I black bloc responsabili della guerriglia di Cremona
CREMONA - Hanno lanciato fumogeni e pietre contro la polizia, con le spranghe hanno distrutto le vetrate di undici banche e tre assicurazioni, ma le violenze scoppiate durante il corteo nazionale antifascista organizzato dal centro sociale Dordoni il 24 gennaio di un anno fa, in una città blindata e con il coprifuoco nel sabato dello shopping, "è improbabile che abbiano potuto avere l'effetto di turbare il senso di sicurezza in capo all'intera collettività della città di Cremona". Perché quelle 'azioni' erano circoscritte nello spazio - "in uno spazio estremamente esiguo rispetto all'ampiezza della città: al massimo un chilometro", nel tempo - "un lasso di tempo limitato" - e "negli oggetti - solo le parti esterne degli edifici". Lo scrive il gup, Christian Colombo, nelle quattordici pagine di motivazione della sentenza con cui lo scorso luglio ha condannato per danneggiamento e non per il più grave reato di devastazione, e per resistenza a pubblico ufficiale il bresciano Samuele Tonin (10 mesi e tre giorni di reclusione) e il siciliano Giovanni Marco Codraro (9 mesi e 26 giorni) mentre un terzo antagonista, il cremonese Filippo Esposti, lo ha assolto. Una sentenza che ha fatto discutere, perché sei mesi prima, per gli stessi episodi il gup, Pierpaolo Beluzzi, aveva condannato per devastazione i primo quattro antagonisti arrestati nell'indagine della Digos.
Filippo Esposti. Indagando sulle violenze, la Digos aveva scoperto che nei giorni immediatamente precedenti la manifestazione, Esposti aveva acquistato al Decathlon di Fidenza - e in un negozio di Cremona - caschi integrali da sci, giubbotti e zaini indossati dai blac block al corteo antifascista. Per Esposti, il pm aveva chiesto la pena più alta: 5 anni e sei mesi di reclusione, ritenendo quegli acquisti preordinati per gli scontri. Non così, per il gup Colombo che ha invece assolto Esposti, intanto perché caschi, giubbini e zaini "non venivano direttamente utilizzati come strumenti per la commissione dei reati, potendo al più aver consentito agli autori di nascondere il proprio viso e parte dei propri indumenti". E perché "in assenza di ulteriori circostanze da cui poter inferire l'esistenza di un pregresso accordo per la realizzazione dei futuri reati, l'ampia pluralità di utilizzazioni, anche vietate ma non penalmente dalla legge, degli oggetti acquistati dall'imputato in occasione di cortei come quello svoltosi a Cremona, rende estremamente difficoltoso ritenere provato che l'acquisto degli oggetti effettuato dall'imputato fosse finalizzato alla commissione degli specifici reati sopra indicati".
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