L'ANALISI
19 Aprile 2016 - 19:46
L'avvocato Luca Curatti
CREMONA - «Ero malato di scommesse, millantavo, ma non ho avvelenato i miei compagni di squadra». E’ la verità di Marco Paoloni. E martedì 19 aprile l’ha riaffermata attraverso il suo avvocato Luca Curatti, davanti al gup Pierpaolo Beluzzi, all’undicesima udienza preliminare del maxi processo sul calcioscommesse.
L’occasione, per l’ex portiere della Cremonese passato poi al Benevento, già radiato dalla giustizia sportiva, di difendersi dalle tre accuse che gli contesta il procuratore Roberto di Martino: l’avvelenamento delle borracce d'acqua dei compagni con il sonnifero Minias, il reato più grave, e più infamante, per il quale si rischia da tre a dieci anni di reclusione. E grazie al quale gli inquirenti hanno potuto intercettare il telefonino del portiere, alzando il velo su quella che neppure i poliziotti della squadra mobile di Cremona si sarebbero immaginati: una presunta storiaccia di giocatori corrotti, finanziatori asiatici e zingari intermediari. Paoloni è anche accusato di associazione per delinquere e di frode sportiva.
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