L'ANALISI
10 Agosto 2015 - 17:31
CREMONA - Non poteva essere a Cremona, ma anziché rinviare il processo, l’avvocato Giacomo Triolo ha fatto l’arringa comodamente dal suo studio legale, ad Agrigento. Via Skype. Il collegamento ha azzerato 1.453 chilometri che separano la città dei Templi dalla città del Torrazzo. Tempo risparmiato e costi abbattuti. E’ accaduto, nell’aula di giustizia, dove già in passato il giudice Pierpaolo Beluzzi, il primo in Italia ad aver applicato la tecnologia alla giustizia, aveva sentito on-line testimoni, inquirenti e consulenti tecnici. Stavolta, ed è un inedito, protagonista è stato un avvocato, Trioni appunto, che nel processo d’appello ha incassato l’assoluzione «perché il fatto non sussiste» per il suo assistito: Lino Cauzzi, l’ex proprietario dell’Hermes Hotel (all’imbocco con l’A21), in primo grado condannato, dal giudice di pace, a 400 euro di multa e a 500 euro di risarcimento per aver ingiuriato e minacciato, nell’agosto del 2007, l’ex direttore di sala, Ennio Fiorini, parte civile.
Il pm onorario, Silvia Manfredi, aveva chiesto che venisse confermata la prima sentenza. «Un’assoluzione per insufficienza di prove», ha evidenziato l’avvocato di parte civile, Giuseppe Borelli, che attende di leggere la motivazione della sentenza. «Cauzzi mi aveva licenziato, ho impugnato il licenziamento e ho vinto la causa. Ci sono i tabulati delle sue telefonate, le minacce e per il giudice non ci sono le prove?», ha rilanciato Fiorini. «E’ un processo fondato sul nulla», aveva arringato via Skype l’avvocato Triolo.
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