L'ANALISI
03 Agosto 2015 - 19:10
Luciano Zanchi
CREMONA - «Intanto, vorrei che sia chiaro che sono molto vicino ai genitori del ragazzo morto». Ma? «Ma non è con la chiusura del Cocoricò di Riccione e delle discoteche italiane che il problema della droga e dell’alcol si risolve. Intanto, quando capitano queste tragedie, i primi ad esserne dispiaciuti sono i gestori, i quali da tempo chiedono strumenti, chiedono capacità di preservare la buona frequentazione dei propri locali, chiedono capacità di autodeterminarsi, ad esempio impedendo l’accesso a chi si comporta contro legge, ai gruppetti che spacciano. Solo così le discoteche vivrebbero una seconda giovinezza». Invece? «Invece i gestori hanno le mani legate». Luciano Zanchi, 50 anni, da otto è presidente nazionale di Assointrattenimento Confindustria, un migliaio circa di aziende associate. Da lunedì 3 agosto il suo telefonino continua a squillare. Lo cercano i mass media dopo la decisione del questore di Rimini di chiudere per 120 giorni il Cocoricò, frequentato anche da molti ragazzi cremonesi. E dopo la stretta del Viminale sulla ‘movida’ in seguito alla morte di Lamberto Lucaccioni, il ragazzo di 16 anni che la notte del 18 luglio scorso nella discoteca di Riccione scorso aveva vuotato mezza bottiglietta d’acqua con dentro 0,3 grammi di Mdma (ecstasy). Prima di lui, altri morti o ragazzi finiti in coma.
Al Viminale è venuto il sospetto che certe notti devastanti, tra droga e a alcol, siano abitualmente in agenda non solo a Riccione, ma anche in altre località d’Italia (come ha commentato Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera di lunedì 3 agosto). E allora più controlli, pena la chiusura immediata delle discoteche e dei luoghi di intrattenimento. Sigilli a chi consente ai minori di poter bere alcolici, sigilli a chi non rispetta l’orario di chiusura.
Intanto, il questore di Rimini ha chiuso per 120 giorni il Cocoricò, richiamando l’articolo 100 del Tulps. «Un provvedimento demagogico » per l’avvocato cremonese Massimo Nicoli, legale di AssoIntrattenimento. «Anch’io sono vicino ai familiari del ragazzo, una premessa doverosa, ma il provvedimento è demagogico, perché la droga è un problema internazionale, lo Stato non è in grado di gestire questa situazione- afferma Nicoli —. Come può farlo il gestore di una discoteca? Il Cocoricò è la punta dell’iceberg. I gestori di discoteche non hanno poteri giuridici, non possono fermare nessuno, non possono lasciare fuori dal locale avventori che non vanno bene, perché altrimenti vengono sanzionati. E non si possono dare più poteri ai buttafuori, perché sono definiti solo ‘maschere’ ed io ne ho fatti di processi per difendere buttafuori finiti sul banco degli imputati. Le associazioni di categoria avevano presentato disegni di legge mai andati a buon fine».
A proposito di buttafuori, a Cremona ne sono stati denunciati tre dopo la maxi rissa scoppiata con un gruppo di marocchini alla Capannina alle tre del mattino di domenica scorsa.
Zanchi ricorda che «nel 2012 avevamo proposto al ministero dell’Interno l’istituzione di un albo professionale dei gestori di locali con requisiti rigidi. Ad esempio, il gestore doveva essere di specchiata onestà, non avere precedenti penali». Invece? «Invece è cambiato il governo e la nostra proposta si è impantanata». Il presidente di AssoIntrattenimento Confindustria torna al provvedimento adottato dal questore di Rimini: «Intanto i seimila frequentatori del Cocoricò in questi quattro mesi andranno in altre discoteche. Detto questo, mi sembra illogico che il questore faccia le indagini e le verifiche e poi sia lui stesso a chiudere il locale. In uno Stato di diritto, il giudice, che è parte terza, deve chiamare il gestore che può così difendersi e deve essere il giudice a decidere se chiudere o meno il locale. Queste cose finiranno quando ci saranno norme chiare e precise. Noi non vogliamo gestori ‘sceriffi’ sia chiaro, ma più collaborazione con le forze dell’ordine come accadeva negli anni Ottanta. Dovremmo prendere ad esempio Londra e Amsterdam. Là nelle grosse discoteche, c’è un presidio di polizia. Perché non farlo anche da noi?».
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