L'ANALISI
13 Novembre 2022 - 05:30
Il senso della storia, i problemi del presente, le opportunità del futuro. A memoria d’uomo, è impossibile trovare a Cremona una settimana più densa di avvenimenti di quella che, iniziata domenica scorsa con la consacrazione del nuovo altare del Duomo, si conclude oggi, ancora in Cattedrale, con la celebrazione di Sant’Omobono, il patrono della città.
Fra i due appuntamenti religiosi è successo di tutto. Non tanto a livello di cronaca, nei fatti, quanto piuttosto nelle parole, nei segni, nei gesti simbolici.
Per rendersene conto basta rileggere in rapida successione i discorsi pronunciati a distanza di poche ore da un vescovo, uno studioso, due grandi manager, un capitano d’industria, un filosofo e un sindaco.
Se domenica scorsa monsignor Antonio Napolioni ha ricordato a tutti la necessità di fermarsi ogni tanto a riflettere sulle nostre scelte, le nostre azioni e le nostre priorità (come comunità che si riconosce in una fede collettiva, ma anche a livello individuale, entrando da soli in una chiesa vuota «per riordinare i pensieri e ritrovare se stessi», non necessariamente per pregare), il giorno successivo - intervenendo alla presentazione del piano Cremona 2030 al Crit - l’amministratore delegato di A2A Renato Mazzoncini ha riportato la questione dell’energia alla sua dimensione naturale. Vero - ha ammesso -: ci sono le guerre e le speculazioni, ci sono i giochi di potere fra gli Stati e multinazionali che puntano soltanto a massimizzare i profitti, ma attorno a noi ci sono anche grandi risorse inutilizzate, opportunità straordinarie che chiedono solo di essere sfruttate e che, da sole, potrebbero risolvere un’infinità di problemi.
«In Italia le materie prime si chiamano aria, sole e mare», ha ricordato Mazzoncini. Certo, non sono facili da portare dentro le nostre case come il gas o fruibili alla pompa come il petrolio, ma costano meno e sono molto più pulite, rispettose dell’ambiente e, quindi, sostenibili. Non solo: ad acqua, vento e raggi solari si possono aggiungere materie prime meno nobili, come i rifiuti e le deiezioni animali, residui di produzione che in origine rappresentano un costo, una presenza ingombrante, una criticità, ma «se si ha la forza di ribaltare la prospettiva si trasformano da problema a opportunità», tanto che «possono diventare un’eccezionale fonte di energia alternativa».
Una risorsa da sfruttare, appunto: in generale e, ancor di più, in un territorio come il nostro, che più di qualsiasi altro può puntare sul biogas, definito da Mazzoncini «la molecola green del futuro» al pari dei carburanti sintetici e dell’idrogeno.
«Lo sviluppo delle fonti rinnovabili in Italia potrebbe valere ogni anno oltre 130 gigawatt di energia, con un incremento del 500% della capacità attualmente installata nel solare, del 200% nell’eolico e del 20% nell’idroelettrico», ha quantificato Lorenzo Tavazzi, responsabile scenari e intelligence di European House Ambrosetti, ricordando che siamo il 23’ Paese dell’Ue (su 27!) nell’indice dell’autonomia energetica.
E quanto la disponibilità dell’energia sia essenziale per il funzionamento del mondo produttivo lo ha ricordato martedì il presidente Stefano Allegri nel corso dell’annuale assemblea provinciale di Confindustria. «Viviamo uno dei momenti più delicati della nostra storia: di fronte abbiamo il futuro e non possiamo sbagliare direzione», ha ammonito Allegri, prima di invocare «una politica energetica seria» dopo che «per colpa di una parte minoritaria del Paese si è detto di no a tutto: alle trivelle, ai gasdotti, ai termovalorizzatori e adesso ai rigassificatori. Abbiamo rinunciato a estrarre gas dai nostri giacimenti, preferendo importarlo dall’estero, pur sapendo che viene estratto con tecnologie più inquinanti delle nostre, sulle quali non abbiamo alcun controllo».
In sostanza, ci siamo fatti autogol e non possiamo neppure consolarci dicendo che abbiamo salvato il pianeta. Un caso emblematico su cui riflettere insieme a Umberto Galimberti, il filosofo: «La tecnica era un mezzo quando i suoi effetti erano prevedibili e governabili dall’uomo - ha spiegato -. Ora, al contrario, l’uomo è diventato una forza distruttiva, più di tutte le forze della natura messe insieme. E la politica non sa più decidere: a governare sono le leggi dell’economia. Da qui la necessità di riscoprire il valore dell’etica: non conta più quali sono le intenzioni per cui si fa qualcosa, ma quali sono gli effetti che quella cosa (o quella scelta) produce».
Vale in ogni direzione: per l’ambiente, per la convivenza civile, per la pace, per la distribuzione della ricchezza e delle opportunità fra il Nord e il Sud del mondo.
Se in Europa e nei Paesi più ricchi siamo talmente impegnati nei consumi e negli sprechi che nessuno si preoccupa più di fare figli («In Italia solo negli ultimi 14 anni la natalità è crollata del 30% e da oggi al 2031 spariranno 1,5 milioni di abitanti», ha ricordato Allegri), l’Africa da qui al 2050 raddoppierà la sua popolazione, da 1,25 miliardi di persone a 2,50. E la pressione migratoria verso le regioni più ricche del mondo aumenterà di conseguenza.
Ecco perché, come ha ammonito il sindaco Gianluca Galimberti presentando «il violino del mare» - uno strumento simbolico, costruito dai detenuti di Opera usando il legno dei barconi affondati nel Mediterraneo - la risposta all’emergenza immigrazione non può essere solo muscolare. Giusto che l’Italia si faccia valere a livello internazionale, inchiodando gli altri Paesi europei alle loro responsabilità («Solo 117 migranti sono stati ricollocati in Europa rispetto agli 8 mila concordati e ai 90 mila che sono sbarcati in Italia dall’inizio dell’anno», ha denunciato Giorgia Meloni) ma «non dobbiamo mai dimenticare che su quei barconi ci sono persone come noi, uomini, donne e bambini che, come noi, hanno un nome e un cognome, un volto e una storia, speranze e paure», ha ammonito Galimberti, il sindaco.
Sono le contraddizioni della globalizzazione, di un mondo sempre più complesso e interconnesso, nel quale troppi predicano bene e razzolano male, in pubblico si fingono virtuosi e solidali, ma lontano da occhi indiscreti coltivano i propri interessi, egoistici sovranismi e indicibili affari.
Con l’energia qualcuno ha fatto il furbo, ha denunciato per esempio l’ex amministratore delegato dell’Enel e dell’Eni, Paolo Scaroni, intervenendo all’assemblea degli industriali: «Un tetto al prezzo del gas doveva essere fissato quando al tavolo Nato tutti i Paesi europei hanno approvato le sanzioni alla Russia, perché fin da allora si sapeva che qualcuno ne avrebbe pagato il prezzo, come l’Italia, e altri se ne sarebbero avvantaggiati, come la Norvegia o l’Olanda. Ma l’unanimità delle decisioni non può essere a intermittenza, solo quando fa comodo».
Vale per l’invasione dell’Ucraina come per la messa al bando delle auto a motore termico (benzina o diesel). «Una scelta virtuosa nell’ottica della sostenibilità, ma solo se l’energia per farle funzionare è green: se invece la ricaviamo dal carbone, come in Cina, non è un gran passo avanti», ha ammonito Scaroni denunciando l’ennesima contraddizione di un sistema che rischia in ogni momento il corto circuito. Basterà appellarsi a Sant’Omobono, oggi, per accendere una fiammella di speranza?
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