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VERSO IL NUOVO GOVERNO

Allegri incalza Meloni: «Non c’è più tempo...»

Il presidente dell’Associazione Industriali spinge sull’acceleratore: «Azioni subito o la crisi energetica ci metterà in ginocchio. Infrastrutture priorità per il territorio»

Elisa Calamari

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redazioneweb@laprovinciacr.it

29 Settembre 2022 - 05:30

Allegri incalza Meloni: «Non c’è più tempo...»

Stefano Allegri e Giorgia Meloni

CREMONA - Nelle scorse settimane, già nel pieno dell’emergenza costi energetici ma con il governo Draghi ancora in sella, aveva avvertito: «L’industria è già sull’orlo del baratro» era stato il suo messaggio chiarissimo.

Adesso, con Mario Draghi già diventato il passato (seppure ancora ingombrante) e Giorgia Meloni in attesa di diventare la prima donna premier del Paese, a pochi giorni dall’esito delle urne e con il nuovo Governo ancora da formare, lo ribadisce: «Non c’è più tempo, le aziende e i lavoratori hanno bisogno di azioni. E ne hanno necessità subito».

Stefano Allegri, presidente dell’Associazione industriali della provincia di Cremona, commenta il responso elettorale fra comprensibili timori legati alla drammatica situazione economica e auspici dettati dall’importante ruolo che – indipendentemente dai differenti colori politici – potranno avere gli eletti in provincia. Si dice pronto a rincontrarli presto, fissando anche futuri confronti, costanti e periodici.

Il 25 settembre i cittadini hanno scelto: cosa ne pensa?
«Al netto dei risultati dei partiti, che non commento perché la politica reale ci interessa marginalmente a differenza della politica economica, direi che siamo soddisfatti: sono stati eletti tre parlamentari del nostro territorio — Silvana Comaroli, Carlo Cottarelli e Renato Ancorotti — e una quarta, Stefania Bonaldi, potrebbe rientrare. Ce lo auguriamo. Per Cremona si tratta di una buona rappresentanza, considerando che Camera e Senato hanno ridotto i posti disponibili. Inoltre stiamo parlando di persone di qualità, in gamba, che stimiamo professionalmente. A loro è da aggiungere chi è stato votato qua, pur vivendo altrove: coinvolgeremo tutti. La nostra associazione, infatti, è pronta ad invitarli a rispondere concretamente alle richieste avanzate in campagna elettorale».

Come vi rapporterete con i rappresentanti del nuovo Governo?
«Ai candidati di tutti gli schieramenti abbiamo preannunciato che intendiamo definire un metodo sistematico per incontrarci periodicamente, e lo faremo. Lo scopo è verificare il reale avanzamento delle cose che abbiamo proposto e che proporremo. È il momento di fare sistema. Ci aspettiamo un feedback anche a livello provinciale, visto che per Cremona è stato studiato – con il supporto della Camera di commercio, delle altre associazioni di categoria e degli stakeholders – un Masterplan. È arrivato il momento di metterlo in atto, a partire dalle infrastrutture di cui il territorio ha bisogno. Parlo dell’autostrada Cremona-Mantova, del raddoppio ferroviario, dell’attenzione ai ponti».

Compreso il terzo ponte sul Po?
«È essenziale se si vuole che Cremona rimanga al centro, che le persone restino a vivere qui e che le industrie continuino ad investire sul nostro territorio. La viabilità è il punto zero, la partenza per lo sviluppo».

Le altre priorità?
«In primis il tema energia, non è più rimandabile. È da troppo tempo che di fatto siamo senza Governo d’azione, ora ci auguriamo un insediamento veloce perché questo Paese deve poter andare avanti. Non c’è più tempo. Alla fine del mese a causa dei rincari di luce e gas le aziende dovranno fare i conti con un’emorragia che incide nelle misura del 30-40% dei ricavi. Prima della crisi energetica l’impatto variava dal 3 al 10%. E i bilanci sono destinati a peggiorare, anche per chi avrà risultati positivi ma subirà comunque l’innalzamento dei costi. Con conseguenti maggiori difficoltà per quanto riguarda l’accesso al credito, quindi sarà necessario anche un intervento di revisione sui parametri. Insomma, il tema dell’energia ha tantissimi risvolti».

Nel frattempo, le aziende devono sopravvivere: come vi state muovendo?
«Stanno adottando e adotteranno diverse strategie: c’è chi non ce la può fare e quindi arriva a decidere di chiudere temporaneamente o sospendere la produzione, magari ricorrendo agli ammortizzatori sociali che comunque, alla fine, vanno a pesare sulla società. Ma c’è anche chi pensa di delocalizzare. Vale a dire spostare la propria produzione da un’altra parte, dove l’energia costa meno. La guerra ha accentuato una situazione che deriva da scelte di transizione ecologica non sostenibili».

Un altro tema prioritario da sottoporre al nuovo Governo?
«Quello del lavoro. In un momento in cui l’inflazione ancora non si esprime nella sua totalità, ciò che subiscono i lavoratori è un aumento generalizzato dei costi. Pagano di più per tutto, a partire appunto dalle bollette energetiche che sono destinate ad aumentare ulteriormente fra dicembre e gennaio. Ho appena letto un articolo in cui il presidente di Arera affermava che il prezzo medio per il consumatore, nei primi mesi dell’anno prossimo, potrebbe essere 880 euro a Megawattora. Va da sé l’urgenza di forme di aiuto nei confronti dei lavoratori».

Come?
«Intanto attraverso un immediato taglio del cuneo fiscale. Sono vent’anni che se ne parla ed è giunto il momento di agire, abbiamo anche dato indicazioni su come farlo. Poi penso alla detassazione degli straordinari e all’incremento della quota welfare per consentire alle aziende di contribuire al pagamento delle bollette energetiche dei propri dipendenti. Servono strumenti che possano avere un basso impatto di costi per lo Stato, ma che aiutino concretamente le persone. Altrimenti il potere di acquisto si ridurrà tremendamente».

E il reddito di cittadinanza?
«Va assolutamente rivisto. È necessario uno strumento di protezione per chi non ha un reddito adeguato, ma non può diventare un sostentamento ad oltranza. Né può rappresentare una scusa per evitare di portare avanti le politiche attive. Così com’è ora, ha poco senso.

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