L'ANALISI
30 Maggio 2020 - 06:44
CREMONA (30 maggio 2020) - Dopo l’emergenza, durante la quale tutte le attenzioni erano rivolte alla cura, ora i medici indagano sui postumi dell’infezione. A Cremona sono stati avviati diversi studi, tutti multidisciplinari perché se c’è una lezione che il Covid-19 ha dato è quella di una patologia dalle mille sfaccettature che colpisce l’organismo umano nella sua complessità. Ma il primo organo compromesso restano i polmoni: la polmonite interstiziale bilaterale è la diagnosi classica del morbo, rilevata su tutti i pazienti sintomatici con compromissione importante dell’apparato respiratorio. Per oltre mille, a livello locale, è stata una sentenza di morte. Ora si pensa a chi ce l’ha fatta, i guariti che hanno contratto il virus in modo grave e che hanno necessità ancora di cure e di riabilitazione. Per loro è stata avviata dall’Asst di Cremona l’attività di follow up - la presa in carico dei pazienti con visite mediche e controlli a distanza di un mese dalla dimissione - che sta al contempo consentendo agli scienziati un’indagine multilivello sui residui che il Covid può lasciare sul corpo a distanza di tempo. Recentemente, l’Associazione italiana Pneumologi Ospedalieri (Aipo) ha lanciato l’allarme: ci si aspetta che nel 30% dei casi vi sia il riscontro di conseguenze gravi a carico soprattutto dell’apparato respiratorio. A Cremona invece, stando ai primi test, non sarebbe così. I dati sono in fase di raccolta da parte del dottor Giancarlo Bosio, direttore dell’unità operativa di Pneumologia dell’Asst di Cremona, che insieme ai colleghi Angelo Pan, primario Malattie Infettive, Giorgio Pierfranceschi, primario di Medicina, e Laura Romanini, primario di Radiologia, ha elaborato un protocollo per lo screening dei pazienti ex Covid. E, nonostante i cattivi pronostici, la situazione sarebbe decisamente migliore.
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