L'ANALISI
13 Maggio 2020 - 09:15
Nives Franzini e Carlotta Tamburini
CREMONA (13 maggio 2020) - Nives Franzini ha 21 anni, Carlotta Tamburini 23. Nives studia scienze dello spettacolo, ha imparato l’inglese a scuola e viaggiando. Carlotta invece ha frequentato il liceo linguistico e ha trascorso un anno negli Stati Uniti come ragazza alla pari. Entrambe, quando hanno saputo che Samaritan’s Pursue cercava volontari che facessero da interpreti a medici ed infermieri americani, non hanno esitato un attimo. Il timore di potersi ammalare c’era, ma la voglia di rendersi utili e poter dare il proprio contributo in un momento tanto difficile per Cremona, ha sconfitto qualsiasi esitazione o timore.
«Ho scoperto tramite un’amica che cercavano volontari e ho chiamato subito per dare la mia disponibilità — racconta Nives —. Ho fatto un colloquio telefonico con Ingrid, la responsabile dei Samaritani, ed ho iniziato il giorno dopo. Stavano ancora montando le tende quando sono arrivata, il 20 marzo. Mi hanno messo di turno quasi sempre al mattino dalle 6 alle 14. Il mio compito era quello di affiancare il medico quando faceva il giro dei pazienti, ma anche gli infermieri per le operazioni basilari, come chiedere cosa volevano da mangiare i pazienti che stavano un po’ meglio. I primi giorni sono stati quelli più difficili perché i malati erano tantissimi e anche le persone che purtroppo non ce la facevano. È stata l’esperienza più forte che abbia fatto a livello emotivo, ma anche quella che mi ha arricchito maggiormente. Vi assicuro che nonostante in tanti non ce l’abbiano fatta e si sia convissuto con una grande sofferenza, ne siamo usciti tutti più arricchiti e con un amore ancora più profondo per la vita. I Samaritani sono persone straordinarie. Non hanno mai perso il sorriso e non hanno mai smesso di trasmettere speranza e fiducia a tutti. Quando qualcuno poi guariva e veniva dimesso, era una soddisfazione e una grande felicità. Condivisa. Non dimenticherò le persone che ho conosciuto in questi mesi. Nessuno dei colleghi e nessuno dei malati. Sono volti, storie, che resteranno racchiusi in me per sempre. Con gli altri interpreti, anche quelli che sono arrivati da Brescia, Bergamo, Milano, ci siamo detti che ci ritroveremo presto, appena sarà possibile frequentarsi in libertà, darci quell’abbraccio che ora non è possibile darsi. Ma anche con i Samaritani è stato un arrivederci. Qualcuno ci ha detto che tornerà a Cremona, quando potrà farlo per il gusto di visitare una città che ha conosciuto solo nella sua parte ferita. Torneranno e sarà bello accompagnarli a vedere anche la bellezza della nostra cittadina... Quella che hanno contribuito in un certo senso a ricostruire».
Carlotta, come Nives, ha vissuto un’esperienza che l’ha arricchita tantissimo e che porterà sempre nel cuore. «È difficile da spiegare, ma quello che ho portato a casa da un contesto di grande emergenza e sofferenza, è solo un bagaglio di cose positive. Il sorriso di chi ce l’ha fatta ha ripagato tutti del dolore per chi non si è potuto salvare. Ho tenuto la mano di tanti pazienti. Per dar loro un conforto, fargli sentire una presenza. Facevo il giro nelle tende ed era un’emozione quando capivi che ti riconoscevano, ricordavano il tuo nome, erano felici che passassi a trovarli e gli facessi un pochino compagnia. Fortunatamente nessuno è mancato davanti ai miei occhi, ma la prima persona a cui ho tenuto la mano, purtroppo non ce l’ha fatta. Quel giorno, mentre tornavo a casa, ho pianto tanto in macchina. I Samaritani non sono solo grandi professionisti, ma prima di tutto persone straordinarie. Sono stati vicini ad ogni singolo paziente, non hanno mai lasciato solo nessuno. Sorridevano ai malati, facevano ascoltare loro musica, li consolavano, trasmettevano speranza e fiducia. Quando si è iniziato a smontare il campo, quando ci siamo dovuti salutare, è stato un momento dolce amaro. Dolce ovviamente perché significava che l’emergenza era finita, il peggio superato. Ma amaro perché si concludeva un’esperienza umana irripetibile».
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