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EMERGENZA SANITARIA & ECONOMICA

Commercio: vetrine buie e deserto. Così il centro muore

La desertificazione commerciale è dietro l’angolo e un intero comparto rischia di saltare. Curatti (Uppi): «Riduzione consensuale del canone per sopperire alle difficoltà delle parti»

Daniele Duchi

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redazione@laprovinciacr.it

07 Maggio 2020 - 08:01

Commercio: vetrine  buie  e  deserto. Così  il centro muore

CREMONA (7 maggio 2020) - Dietro l’angolo c’è il deserto. Deserto fisso, dopo tutte le possibili ripartenze. Le luci delle vetrine spente e il buio dopo il tramonto. Perdere per sempre tradizioni commerciali e artigianali e la speranza di farle sopravvivere o rinascere. Tutto inghiottito in un destino che sembra ineluttabile: assistere alla fine di un’attività, di conoscenze, di saperi e di sapori, di tradizioni e di ricordi, come se i lutti del Coronavirus si portassero dietro un alone di oblio fatto a posta per annichilire i negozi di vicinato, le botteghe, le piccole ditte.
La ricognizione nel cuore di Cremona nei primi tre giorni della Fase due è un presagio di crisi potente. Decine di fondi commerciali chiusi, la gran parte in vendita. Mentre vedono scurire la polvere sui cristalli delle vetrine, che in questi mesi vuoti e sfitti si è impastata con i cartelli delle agenzie immobiliari, sempre più persone temono il punto di non ritorno di un’intera branca del commercio. E i cattivi presagi non attraversano soltanto i negozianti, i primi - insieme ai loro dipendenti e al terziario che li assiste - ad essere investiti da questo tsunami.
Dal punto di vista dei negozi, Cremona non si è presentata in salute alla crisi del Covid. E uno dei punti deboli è proprio la sfera immobiliare, tra costi che da anni si rivelano insostenibili per il conto economico delle attività, zone dimenticate e depresse e, come conseguenza, un turn-over a ritmi elevati, sincopati, che non si conciliano con il tempo che serve a qualsiasi attività economica per crescere, maturare, farsi le spalle larghe. Adesso la partita non solo è tutta da risolvere, ma rischia di esplodere nelle mani dell’amministrazione e, più in generale, di chi ha a cuore le sorti del tessuto urbano. Il centro di una città antica come Cremona deve vivere, pulsare, oppure non è. Non è opzionabile la soluzione «città d’arte dormitorio», e comunque nessuna città vuole essere la prima a seguire quella sorte.
«Inasprire toni e modi e litigare ad oltranza non ci salverà dalle difficoltà create dalla pandemia», spiega Luca Curatti, avvocato, storico presidente dell’Unione piccoli proprietari immobiliari (Uppi) di Cremona.

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Commenti all'articolo

  • edgardo.berticelli

    17 Maggio 2020 - 02:48

    Le vacche grasse': terminate. E' arrivata la "glebalizzazione". Diego Fusaro docet.

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