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EMERGENZA SANITARIA

Coronavirus, l’epidemia diventa un film

La filmaker italo-australiana Sasha Joelle Achilli sta girando un documentario all’interno dell’ospedale. «Raccontare quanto accade con la testimonianza diretta di medici e infermieri è un’opportunità unica»

Daniele Duchi

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redazione@laprovinciacr.it

14 Aprile 2020 - 07:04

Coronavirus, l’epidemia diventa un film

CREMONA (14 aprile 2020) - Una piccola telecamera e la voglia di raccontare l’emergenza Covid-19 dall’interno dell’ospedale Maggiore, facendo parlare medici e infermieri: Sasha Joelle Achilli, lunghi capelli castano chiari, sguardo celeste e un fare gentile, è una documentarista che da Londra ha deciso di venire a Cremona. Non è nuova a docufilm girati nelle zone calde del pianeta per documentare emergenze di carattere umanitario e sanitario.
«Ho girato documentari sull’epidemia di Ebola in Africa nel 2014, sugli attacchi terroristici in Kenya nel 2013 — racconta —. Poi guardando la situazione in Italia mi è venuto in mente quanto avevo vissuto in Sierra Leone per Ebola, stentavo a crederci. Poi è arrivata la telefonata del mio produttore che mi chiedeva se mi andava di andare in Italia, sapendo delle mie origini».
«La foto di Elena Pagliarini, l’infermiera cremonese ritratta esausta sulla tastiera da Francesca Mangiatordi, diventata virale, mi ha indicato dove dovevo andare: all’ospedale di Cremona», continua. Arrivare in Italia è stata un’impresa, come racconta la giovane filmaker con origini australiane: «Ci sono voluti due giorni per raggiungere Cremona da Londra, ho fatto scalo ad Amburgo, poi a Düsseldorf, poi a Roma, da qui mi sono diretta a Orvieto dove c’è parte della mia famiglia, poi ho raggiunto il Nord vedendo un’Italia che non avrei mai immaginato — spiega —. Mi mette i brividi pensare alla stazione Termini e i dintorni deserti. Da quel veloce scalo a Roma ho capito che l’Italia che conoscevo non c’era più. L’arrivo a Cremona non è stato meno scioccante. Sono arrivata qui in piena emergenza ed ho trovato una collaborazione squisita in Stefania Mattioli dell’ufficio comunicazione dell’ospedale che ha capito il lavoro che volevo fare».

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