L'ANALISI
EMERGENZA SANITARIA
29 Marzo 2020 - 08:38
CREMONA (29 marzo 2020) - «Cremona andava chiusa». Ovvero decretata zona rossa subito dopo l’accertamento dei primi casi di Covid-19 nella vicinissima Codogno e prima che il focolaio originario si estendesse a macchia d’olio. La denuncia parte da Emilio Del Bono, sindaco di Brescia: «Già il 6 marzo, quando l’emergenza ha iniziato a delinearsi nella sua gravità, noi sindaci dei capoluoghi lombardi abbiamo inviato al Governo un documento per chiedere l’adozione di provvedimenti restrittivi differenziati a seconda dei territori – spiega il sindaco della Leonessa –. Il documento è stato condiviso da tutti, anche dal sindaco di Cremona, Gianluca Galimberti, a cui rinnovo, in un momento così difficile, tutta la mia stima e la mia sincera amicizia». E' Del Bono a rimarcare la parentela fra Brescia e Cremona che, in questi giorni vissuti sul filo della paura e del dolore, si scopre più stretta che mai.
La tesi di Del Bono è semplice e altrettanto chiara: «Il contagio avrebbe dovuto essere individuato e isolato nei singoli territori – afferma il primo cittadino –. Perché esiste sì un problema lombardo, ma all’interno del quadro regionale c’è uno specifico problema della Lombardia orientale. Ricostruire la traiettoria dell’infezione è semplicissimo: i malati di Codogno sono stati portati a Cremona favorendo così la diffusione del contagio. Il Cremonese, quindi, è diventato la porta attraverso cui il virus ha invaso la provincia di Brescia. Ora risulta innegabile che tutte le province colpite più duramente tra la Lombardia e l’Emilia-Romagna siano legate da una stessa storia».
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