L'ANALISI
16 Marzo 2020 - 07:34
CREMONA (16 marzo 2020) - Ha compiuto 29 anni l’altro ieri. E ha festeggiato in solitudine, lontano dai familiari e dagli amici, in una stanza d’albergo, al termine di un’altra giornata campale nel reparto di Malattie infettive dell’ospedale Maggiore. Samin Sedghi Zadeh è nato a Torino da genitori iraniani e si è laureato in Medicina un anno e mezzo fa: da martedì scorso è uno dei volontari che prestano servizio al presidio di viale Concordia, a Cremona. Quasi 250 chilometri da casa e una sessantina da Castel San Giovanni, dove Samin ha lasciato un lavoro da libero professionista. «Quando è scoppiato il contagio, sono stato assalito dalla paura, proprio come tutti – racconta il giovane medico –. Però una sera, nel silenzio della mia camera, ho provato a dimenticare i titoli dei giornali e la raffica di post sui social. Ho ripensato alla cerimonia del mio giuramento. La formula, pronunciata ad alta voce di fronte a tutti, spiega che è dovere del medico mettersi a disposizione dell’autorità. Ed è proprio quello che ho fatto». Pochi giorni dopo ha preparato la valigia ed è partito per contribuire alla battaglia contro il Covid-19 a Cremona. «Una scelta difficile? Semplicemente la scelta giusta – dice Samin –. Cose scioccanti ne sto vedendo tantissime. Ma quello che mi colpisce di più, ogni giorno, è l’immagine dei miei colleghi, che già da due settimane sono in prima linea. Hanno gli occhi infossati e i corpi sfiniti come non accade neppure negli scenari di guerra. Anche perché qui si lotta per i vicini di casa, per i compagni di banco del liceo, magari persino per i parenti».
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