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PENSIERI LIBERI

Le comunità energetiche un modello di democrazia

La dipendenza, la guerra, il fronte sociale della povertà: per questo sono (e saranno) necessarie

Bruno Bignami (direttore dell’Ufficio  Problemi sociali e del lavoro  della Cei)

20 Giugno 2023 - 05:25

Le comunità energetiche un modello di democrazia

Cer non è la marca di una birra, ma un progetto innovativo nel campo dell’energia. L’acronimo sta per Comunità Energetiche Rinnovabili (in qualche caso si aggiunge la S di Solidali). Si tratta di un modello di produzione energetica che vede protagonisti due soggetti: i prosumer (neologismo che nasce dalla crasi di produttore e consumatore), che investono negli impianti e producono energia oltre che consumarla, e i consumatori passivi che, pur non avendo pannelli sui tetti o non contribuendo all’investimento, entrano nella comunità come semplici consumatori. Le Cer sono enti no profit e nascono per produrre e utilizzare l’energia di cui si ha bisogno. Il di più viene ceduto alla rete. Perché un simile progetto? Perché le crisi della pandemia e della guerra hanno accentuato la crisi energetica già in corso e niente è più come prima. La dipendenza dal fossile non ha futuro.

Negli ultimi mesi la povertà energetica si è aggiunta a quella economica, lavorativa, culturale, sociale, digitale. Molte famiglie si sono trovate nell’impossibilità di pagare la bolletta energetica e hanno allungato le file agli sportelli della Caritas o dei servizi sociali. Ci sono sindaci, dirigenti d’azienda, direttori di Rsa preoccupati e angosciati di non riuscire a offrire servizi come in passato a causa delle cifre insostenibili. Che fare allora? Mentre i governanti hanno bussato alle porte di diversi Paesi per aumentare il flusso di gas che arriva in Italia (dopo la chiusura della Russia) e mentre alcuni tecnocrati hanno subito sentenziato la necessità del nucleare, la saggezza della gente ha intuito che è ora di fare sul serio dal basso.

Addio fonti fossili (petrolio, gas…), una delle principali cause dei cambiamenti climatici, e benvenute Cer. Si sa, la stessa Unione Europea ha previsto che entro il 2050 il 75% della domanda di energia dovrà essere soddisfatta da rinnovabili e che il 16% di questa derivi da progetti collettivi. Si chiama transizione energetica ed è una forma di adattamento al cambiamento climatico. Aiuta a superare l’atteggiamento Nimby (non da me) per assumere il protagonismo delle persone. Un cambio di rotta. Papa Francesco in Laudato si’ 179 scrive che «in alcuni luoghi, si stanno sviluppando cooperative per lo sfruttamento delle energie rinnovabili che consentono l’autosufficienza locale e persino la vendita della produzione in eccesso. […] Mentre l’ordine mondiale esistente si mostra impotente ad assumere responsabilità, l’istanza locale può fare la differenza. È lì infatti che possono nascere una maggiore responsabilità, un forte senso comunitario, una speciale capacità di cura e una creatività più generosa, un profondo amore per la propria terra, come pure il pensare a quello che si lascia ai figli e ai nipoti».

In poche righe, troviamo diversi buoni motivi per costituire le Cer: responsabilizzarci sulla produzione e sul consumo di energia; generare comunità vive; prenderci cura del pianeta con creatività e stili di vita sostenibili; far crescere l’attenzione al territorio; volgere lo sguardo alle generazioni future. I cattolici in Italia durante la 49ª Settimana Sociale di Taranto (ottobre 2021) si sono impegnati a dire la loro anche in campo ambientale investendo nelle Cer. Ci si organizza: più parrocchie con la diocesi, una parrocchia con famiglie che aderiscono, la parrocchia con il Comune e gli enti del Terzo settore del territorio… diventano segno di non rassegnazione. Sta nascendo una biodiversità di modelli che fotografa le diverse necessità dei territori. Anche la diocesi di Cremona è in prima linea.

Nel nostro Paese non siamo all’anno zero. Anzi, vi è una antica tradizione che risale persino a fine Ottocento e inizio Novecento, quando in alcune zone alpine nacquero le prime esperienze per sfruttare l’energia idroelettrica. Basti ricordare il caso di Morbegno, in provincia di Sondrio, che si attivò già nel 1897. Quei semi di innovazione economica sono cresciuti nel tempo, tanto che la società elettrica cooperativa friulana dell’Alto Bût (Secab), fondata nel 1911, ha oltre 2.500 soci e gestisce cinque impianti idroelettrici. Più recenti, ma non meno interessanti, sono le Cer della Fondazione di Comunità di Melpignano, nel Salento, o di San Giovanni a Teduccio, nel Napoletano: esempi virtuosi del Sud, a evidenziare che il tema può essere promettente in tutte le aree del Paese. Nel Nord, inoltre, sono già una bella realtà i condomini per la produzione e la condivisione di energia.

I promotori di una Cer possono fare da enzima, stimolare una riflessione, spingere a scelte partecipate perché l’attuale transizione ecologica non dimentichi il vasto tema della condivisione delle risorse. Del resto, la storia dell’umanità è piena di guerre per l’energia. Anche l’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa ci consegna due insegnamenti che non è possibile ignorare. Il primo rivela la problematicità della dipendenza in modo massiccio da un solo Paese per quanto concerne i combustibili fossili. È una debolezza economica, tanto più se la dipendenza riguarda Paesi dove la democrazia è calpestata o vigono regimi totalitari. Il secondo insegnamento lo ha mostrato la strategia bellica. Una delle prime operazioni di occupazione del suolo ucraino è stata quella di controllare le centrali nucleari. A riprova che un modello centralistico di produzione energetica come quello nucleare, per quanto limitato nelle emissioni di CO2, è soggetto ad appetiti di dominio. La crisi energetica invoca anche modelli di democrazia e di partecipazione. Senza questa consapevolezza, il rischio di povertà culturale rimane forte.

In Italia siamo ancora in attesa dei decreti attuativi (questione di settimane?), ma l’idea delle Cer è efficace: responsabilizza le persone a produrre e consumare energia in modo comunitario. Chi soffre la povertà energetica non è costretto a mendicare il pagamento della bolletta: può ricevere l’energia in più prodotta dalla Cer e sentirsi accolto nella dignità. Diventa quanto mai attuale un insegnamento del Papa: «Ai problemi sociali si risponde con reti comunitarie». Certo, ci saranno sempre i ‘signor no’, quelli che tengono il Paese in ostaggio a vecchie mentalità. Ma il nuovo avanza sul buon senso di gente comune che sposa l’ecologia integrale e decide di giocare la partita dal campo. Dal fischio di inizio.

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