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L'INTERVISTA

Violenza sulle donne, Mainardi: «'Un altro domani' è possibile»

Il docufilm sarà proiettato alla presenza degli autori mercoledì a SpazioCinema alle 20. E sarà preceduta da una tavola rotonda dedicata al tema

Nicola Arrigoni

Email:

narrigoni@laprovinciacr.it

22 Maggio 2023 - 05:15

Violenza sulle donne, Mainardi: «'Un altro domani' è possibile»

Cristiana Mainardi

CREMONA - «Sono stata segregata in casa per quattro giorni, violentata, insultata dal mio compagno fino a quando non sono riuscita a fuggire, calandomi dal balcone di casa. Non siamo noi donne a doverci vergognare quando denunciamo le violenze subite, ma piuttosto a vergognarsi devono essere coloro che fanno violenza».

È questa una delle confessioni raccolte nel docufilm di Cristiana Mainardi e Silvio Soldini, Un altro domani. Indagine sulla violenza nelle relazioni affettive che sarà proiettato alla presenza degli autori mercoledì a SpazioCinema alle 20.

docu

La proiezione del film sarà preceduta dalla tavola rotonda dedicata al tema della violenza di genere e delle relazioni in cui interverranno Rosita Viola, assessore alle politiche sociali e fragilità del Comune, Cristina Pugnoli, consigliera di Parità per la provincia di Cremona, Uliana Garoli, presidente della Fondazione Città di Cremona, Simona Frassi, vicepresidente Aida, Annise Grandi, presidente dell’associazione Mia, Gianna Bianchetti dell’associazione Donne contro la violenza. A moderare l’incontro sarà Francesca Morandi, giornalista del quotidiano «La Provincia».

«L’idea del film nasce da un input della Questura di Milano, in particolar modo da Alessandra Simoni che nel 2019 aveva attivato il protocollo Zeus, ovvero il primo intervento che contemplava la prevenzione rispetto allo strumento dell’ammonimento del Questore — spiega Mainardi che firma la sceneggiatura insieme a Soldini —. Col protocollo Zeus si è fatto in modo che all’ammonimento rivolto al molestatore, seguisse un percorso riabilitativo e di presa di coscienza di un comportamento relazionale rischioso, non ancora scoppiato in un atto di violenza vero e proprio. Da qui siamo partiti, dai racconti degli uomini, dalla possibilità di prevenire gli atti violenti».

Per questo il titolo 'Un altro domani' esprime una possibilità che nasce dalla consapevolezza che «i femminicidi sono la punta dell’iceberg — afferma Mainardi —, sono il risultato di atteggiamenti, comportamenti violenti che è possibile intercettare prima che esplodano in violenza. I racconti che abbiamo raccolto ci hanno permesso di avere parecchie centinaia di ore di girato che poi abbiamo ridotto, scelto e montato. Abbiamo dovuto fare delle scelte per condensare il docufilm in un’ora e quaranta minuti».

‘Un altro domani’ propone un grande affresco umano, composto dalle testimonianze degli autori di violenza, delle vittime di maltrattamenti e stalking, degli orfani di femminicidio, di tutti coloro che ogni giorno si occupano del problema: Polizia di Stato, magistrati, avvocati, centri antiviolenza, psicologi e criminologi che seguono percorsi trattamentali per uomini.

Ma nel lavoro di Mainardi e Soldini c’è non solo la testimonianza delle violenze, c’è non solo documentata l’azione di istituzioni e operatori, ma c’è, soprattutto, la voglia di raccontare come oggi «l’Italia abbia tutti gli strumenti per vigilare e intervenite in maniera tempestiva al fine di evitare il peggio nelle relazioni violente in essere e in potenza. La normativa c’è, l’impegno a migliorare le cose pure, ma realizzando il nostro docufilm ci siamo resi conto che ciò non basta e non solo perché ogni due giorni viene uccisa una donna, ma perché bisogna lavorare affinché questo dramma delle relazioni malate non sia considerato più e solo una questione privata, ma un tema che ci riguarda tutti, che ci chiama in causa in prima persona — aggiunge Mainardi —. Tutti noi possiamo fare qualcosa, innanzitutto rendendoci più consapevoli, prestando attenzione agli altri col risultato di togliere le persone dall’isolamento delle loro case e dai legami tossici. La violenza delle relazioni non è una cosa privata, ma ci riguarda tutti».

Non è un caso che il docufilm intrecci testimonianze dirette, raccontate con meticolosa precisione e circostanziate, a immagini di case, palazzi: un contesto urbano in cui le finestre dei condomini, le luci in cui si intravvedono figure dicono di una distanza, dicono di una solitudine, ma anche di una permeabilità possibile, ci chiedono di prestare attenzione perché un altro mondo sia possibile, nella convinzione che ciò sia possibile se tutti prestiamo un po’ più di attenzione agli altri, ai segnali di disagio e dolore che inviano.

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