L'ANALISI
26 Novembre 2020 - 09:59
Giambattista Bertolasi e la copertina di «Tornava una rondine al tetto»
CASTELLEONE (26 novembre 2020) - La scrittura sa essere terapia; aiuta ad anestetizzare il dolore ed è in grado di riempire la più insopportabile delle assenze; libera e alleggerisce. Smarrite e provate dalla perdita di un marito e di un padre, due donne ne hanno fatto ricorso. In modo spontaneo e contestuale. Senza confessarselo, hanno avvertito la stessa pulsione. E le loro mani, come in una danza, hanno iniziato a ricamare pensieri e parole. Quelle donne sono madre e figlia: si chiamano Daniela Redondi e Gloria Bertolasi. E, pur vivendo relativamente lontane (Castelleone e Parma), negli scorsi mesi hanno fronteggiato allo stesso modo l’incubo delle notti insonni: aggrappandosi all’idea di dedicare un libro all’uomo delle loro vite, il dottor Giambattista Bertolasi, uno degli oltre duecento medici uccisi in Italia dal Covid. Il virus ha fatto irruzione nella sua vita di medico e non gli ha dato scampo. Il calvario delle tre settimane di lotta, i silenzi e le speranze appese a chiamate e a messaggi sempre più flebili, sono magistralmente descritti in «Tornava una rondine al tetto», libro che Redondi ha scritto associandolo a un’iniziativa benefica: «Ho scritto questo racconto perché volevo fissare i momenti della mia vita con Giamba, scrivere di lui e della sua straordinaria umanità, perché tanti aspetti che lo riguardavano forse li custodivo solo io. Ho scritto per far scorrere il mio dolore e gridare il mio amore, pensando poi di dare un senso a tutto con l’idea di devolvere l’intero ricavato all’Unicef Emergenza Covid, unendo in quel modo la passione di mio marito per il suo lavoro di medico e la mia per il mio lavoro di maestra elementare, sempre a contatto con i bambini».
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