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L'INTERVENTO

Sabrina, Paola, Morena e ... noi

Riflessione del sindaco di Crema nella Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Stefania Bonaldi

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25 Novembre 2020 - 07:48

Sabrina, Paola, Morena e ... noi

Il sindaco Stefania Bonaldi

CREMA (25 novembre 2020) - Sarà un anno difficile da dimenticare per il nostro territorio. Non soltanto per il lungo e drammatico corpo a corpo che siamo stati costretti a ingaggiare con un nemico sconosciuto, invisibile e subdolo, ma anche capace di ispirare reazioni civili di un’intensità che difficilmente avremo modo di rivedere e che ci mancherà in futuro, proprio perché abbiamo potuto apprezzarne lo straordinario potere evolutivo, la funzione di legante, il dono di interpellarci come «insieme». 

Ma c’è stato dell’altro, qualcosa che arriva dal lato oscuro della nostra stessa specie, un aggressore insopportabile, capace di creare fratture profonde nello spirito della collettività, una minaccia su cui non possiamo limitarci a un discorso generale, astratto, perché anche in questo caso siamo stati colpiti nella carne viva, il corpo, la vista stessa, delle nostre donne. Vittime con nomi, volti, sguardi, storie, legami che conosci, che tocchi con mano, che non sono narrazione, favola, teoria, sono realtà, sconvolgente realtà che passa sulla vita di persone indifese, con la stessa violenza di un carro armato. Sabrina, dolce e spaurita, ammazzata e fatta sparire in una notte di mezza estate, vittima del più universale dei bisogni. Essere amati. Paola, piegata dal disagio mentale, filmata mentre si dava fuoco. Una torcia che dentro di noi arderà chissà per quanto tempo. Morena, gravemente malata e uccisa a mani nude dal marito, forse incapace di reggere quella situazione. Forse due solitudini. Le verità processuali aggiungeranno qualche spiegazione, ma nelle nostre coscienze e in quella, più vasta, delle nostre comunità, restano, come caduti di una guerra dove in prima linea non ci sono gli uomini ma le donne. Siamo stati toccati tutti, senza distinzione, perché non ci sono isole felici e accanto alla responsabilità diretta, esiste un piano più vasto, culturale che a noi donne chiede sempre di sopportare, di essere buone madri e buone mogli, ma non si preoccupa mai di domandarsi cose c’è dietro all’equilibrio di una comunità, quanto le donne portino sulle spalle il vuoto di altri, quanto, a loro, noi tutti dobbiamo gratitudine e diritti, anzi diritti e gratitudine. C’è un mondo vulnerabile intorno a noi, un maschile non sempre all’altezza, un femminile istigato a dipendere, a giustificare a qualsiasi prezzo. Orizzonti che noi donne non possiamo né dobbiamo più tollerare. Penso alla vicenda più tragica tra quelle ricordate che, per la modalità con cui il delitto si è consumato, ci ha tenuto e ci tiene ancora col fiato sospeso. La vicenda in cui è caduta Sabrina. Fare giustizia è necessario, lo dobbiamo al figlio quindicenne, che si appresta a diventare adulto con un fardello assai gravoso. Lo dobbiamo ai fratelli, provatissimi da questo dramma. Ma lo dobbiamo anche alla società tutta quanta, sfigurata da un delitto in cui i contributi silenziosi sono innumerevoli. Non parlo di complicità, parlo di apporti educativi, perché il femminile e il maschile vengono fabbricati dalle famiglie, dalle agenzie pedagogiche, da quelle morali. Ci sono domande per tutti, se le eluderemo nessuno potrà giustificarci. C’è da smontare una poderosa sottocultura, che dice alle donne di stare al loro posto, di restare un passo indietro rispetto all'uomo, di essere adeguate nel linguaggio e nei modi, di vestire in modo conveniente e di chinare il capo. Non c'è da meravigliarsi. In questa città abbiamo visto anni fa passare una pseudo scrittrice delirante, capace di dire a una donna «Sposati, e sii sottomessa», mentre qualcuno, che forse si scandalizza per la sorte di Sabrina, invocava il patrocinio comunale, opportunamente negato, senza che altri sentissero il bisogno di distanziarsi da questo utilizzo medievale di istanze spirituali, di cui peraltro abbiamo molto rispetto, almeno nella versione originale. Il caso di Sabrina è il più eclatante, ma il tema della violenza sulle donne, morale e materiale, è invisibile e vigliacco quanto la pandemia, si annida negli anfratti, tra le mura domestiche, prolungandosi talvolta per tutta la vita. Un rapporto di questi giorni di Save the Children, su un’indagine condotta da Ipsos presso un campione di ragazze italiane dai 14 ai 18 anni, dice che il fenomeno delle molestie è endemico, ma racconta anche paradossi sconfortanti, quando il dieci per cento delle intervistate ritiene che il modo di vestire e/o di comportarsi delle donne possa fare da volano a piccole e grandi violenze. Questa mancanza di solidarietà e di empatia fra donne arriva da lontano, ma è un nemico, forse il vero nemico, da combattere quanto la violenza stessa. Se non si viene a capo di questa parte del fenomeno, ci vorranno molti 25 Novembre per fermare l’emorragia, e non ce li possiamo permettere. I prossimi li vorremmo vivere come una festa, per celebrare una rivoluzione iniziata e portata a compimento con successo, per il bene di tutta la collettività, una ricorrenza priva di generi, senza vittime da commemorare, senza carnefici da biasimare. Un luogo ideale di incontro, popolato di cittadini e cittadine tenaci, risoluti a liberarsi per sempre dalle parti malate di noi.

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