L'ANALISI
24 Ottobre 2020 - 08:22
Quanto resta della Fiat Panda di Sabrina Beccalli
CREMA (24 ottobre 2020) - «Il mio assistito è molto provato dopo due mesi di carcere; gli ho comunque spiegato che deve pazientare ancora. Ma è decisamente sofferente, per la situazione che sta vivendo...». A descrivere un Alessandro Pasini col morale a pezzi, nel penitenziario di Monza, è l’avvocato Paolo Sperolini. Il difensore è reduce da una visita all’impiegato cremasco accusato di omicidio. E a differenza di quanto avvenuto in passato, concede uno strappo alla riservatezza, dietro alla quale si è trincerato dopo i faccia a faccia con il 45enne, unico indagato per la morte di Sabrina Beccalli. Già nei giorni scorsi, il professionista aveva rotto il silenzio, per bollare come «priva di ogni fondamento» l’indiscrezione circolata su una roncola, trovata nell’abitazione di via Porto Franco, quale presunta arma del delitto: «Pasini non ha ucciso la povera Beccalli». E nel frattempo il vicino di casa dell’operaia 39enne, finito in cella nel cuore dell’estate, non si discosta dalla versione fornita al giudice per le indagini preliminari Giulia Masci, all’indomani del fermo. Sostiene che ad uccidere l’amica, madre di un ragazzo di 15 anni, sia stata un’overdose la notte della vigilia di Ferragosto. E d’averne bruciato il corpo, avvolto in una coperta e adagiato sui sedili della Panda nera della donna, in un viottolo della frazione di Vergonzana. Assai distante, invece, l’ipotesi sulla quale lavora la Procura della Repubblica, che propende per un omicidio, innescato da una avance sessuale respinta. Un delitto, quindi, ma sulle cui modalità, almeno allo stato attuale, nessuno se la sente di sbilanciarsi. I famigliari dell’operaia hanno deciso di seguire l’inchiesta, affidandosi all’avvocato Antonino Andronico e all’ex generale dei Ris Luciano Garofano, come consulente. Mentre la difesa ha puntato sul medico legale Angelo Grecchi come esperto.
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