L'ANALISI
09 Luglio 2020 - 07:47
CREMA (9 luglio 2020) - Quindici casi di polmonite nell’arco due settimane, nel momento più torrido di un avvio d’estate, con temperature già oltre i 30 gradi che, normalmente, non favoriscono certo le infezioni respiratorie. A diagnosticarle una dopo l’altra, attraverso la Tomografia assiale computerizzata, è stato colui che, tra i camici bianchi in servizio all’ospedale Maggiore di Crema, parlò per primo del picco di focolai polmonari di gennaio. Vale a dire, la serie di «patologie respiratorie» manifestatosi a poche settimane dal dilagare del Covid. Maurizio Borghetti, 61 anni e da 30 al lavoro nelle corsie di largo Dossena, ha immediatamente segnalato «l’anomalia» alla direzione sanitaria. E la risposta, in un presidio che non ha allentato la guardia dopo i momenti più bui dell’emergenza Covid, non si è fatta certo attendere. Ma nessuno dei pazienti è risultato positivo ai test, eseguiti per verificare l’eventuale contagio da Sars-Cov 2. Sebbene, in un periodo dell’anno solitamente esente da questo tipo di patologie, si tratti «quantomeno di una stranezza», ammette il medico di origine romagnola, che in città ha anche ricoperto l’incarico di assessore ai Servizi sociali. «Viene da pensare che nella nostra zona vi sia una situazione strana...», analizza lo specialista. Una peculiarità territoriale che, comunque, non viene presa in considerazione dal fiorire di studi sull’epidemia, incentrati sulla Lombardia: la regione maggiormente falcidiata, sia in termini di vittime, sia di contagi.
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