«Oggi è come se non esistessimo, le leggi ci ignorano. Il registro delle unioni civili non sarà la soluzione a tutti i problemi, ma certamente un piccolo passo per cominciare ad ‘esistere’, ad essere riconosciuti. E un appiglio importante per aiutarci, un domani, a dimostrare che io, la mia compagna e nostro figlio siamo qualcosa di ben definito, qualcosa di unico, una famiglia reale». Lorenza ed Emiliana sono una coppia omosessuale. Una coppia omogenitoriale, meglio, perché grazie alla fecondazione assistita, affrontata in una clinica specializzata in Spagna, sono diventate mamme di un bimbo che oggi ha un anno e mezzo. Le origini cremasche di una delle due donne, che ora vivono poco distanti, sono l’anello che lega la loro storia al progetto di dotare anche Crema di un registro delle unioni civili. Progetto guardato naturalmente con favore: «Potrà avere valore concreto ma anche rivelarsi uno strumento del tutto inefficace a livello pratico — spiega Lorenza —, dipende da come il Comune intenderà utilizzarlo. Potrà farlo a livello simbolico, e sarebbe comunque un segno importante, oppure potrà farlo concretamente, estendendo al maggior numero di provvedimenti e di servizi l’equiparazione delle coppie di fatto a quelle sposate». Il registro non basterebbe comunque a colmare il gap con altre legislazioni estere: «In Italia siamo fuori dalla storia — riflette Lorenza —, fermi a 100 anni fa. Ancora oggi stiamo mesi a discutere per un registro comunale, mentre in mezza Europa le unioni civili sono tutelate a livello nazionale già da anni. Io, oggi, non posso permettermi di morire: per la legge la mia compagna non esiste, e non è madre di nostro figlio. E’ come se le istituzioni si rifiutassero di vedere la realtà, di prenderne atto e di adeguarsi. La società civile, in questo, è molto più attenta, curiosa, vuole capire». Anche se l’ombra dell’omofobia è sempre in agguato: «La peggiore è quella strisciante, che si insinua nei posti di lavoro, nelle scuole. E’ lì che bisognerebbe fare educazione, ma non ce lo permettono, si incontrano resistenze, si preferisce crescere i giovani nell’ignoranza e nel silenzio. Purtroppo la parola omosessuale è ancora un tabù, si sente ancora gente secondo cui stiamo parlando di una malattia. Viviamo in una società che dà per scontata l’eterosessualità, è giunto il tempo di fare un passo in avanti».
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Commenti all'articolo
camilla.h.paris
16 Aprile 2013 - 23:46
Povere persone a cui fanno pena i bambini nati da famiglie omogenitoriali, mi fanno una gran pena..