L'ANALISI
26 Novembre 2019 - 11:28
MILANO (26 novembre 2019) - Il 20 marzo scorso, alla guida del bus che doveva riportare, dalla palestra alla scuola, i 50 bambini, i due professori e la bidella della scuola media Vailati, non ci doveva essere Ousseynou Sy. Ci doveva essere un collega. «Il mercoledì prima, Sy mi aveva chiesto un cambio di turno, sia di tratta che di orario, perché aveva degli impegni. La sua richiesta non mi è parsa strana». Davanti alla prima sezione penale della corte d’assise e davanti alle telecamere, l’autista di Autoguidovie lo dice all’udienza numero cinque del processo per tentata strage con finalità di terrorismo, sequestro di persona aggravato, lesioni e incendio del pullman a carico di Sy, da quel 20 marzo detenuto nel carcere di San Vittore. E oggi rimasto in cella: ha rinunciato a comparire in aula. Così come non ha voluto presentarsi «perché in difficoltà», la sua compagna: i verbali con le sue dichiarazioni raccolte dai carabinieri il 20 e il 21 marzo, saranno acquisiti nel fascicolo.
Il collega racconta, poi, che una decina di giorni prima, Sy gli aveva chiesto di comprare su Internet una pistola elettrica, un taser. Inoltre, cercava un apparecchio per disturbare i cellulari.
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