L'ANALISI
18 Giugno 2019 - 16:15
CREMA (18 giugno 2019) - Avevano iniziato l’attività con cooperative di facchinaggio e pulizie, ma ben presto si erano resi conto che i soldi, veri e propri fiumi di danaro, li avrebbero potuti accumulare più semplicemente: senza lavorare, ma producendo esclusivamente fatture per operazioni inesistenti. Insomma, trasformando le loro imprese in vere e proprie società cartiere, specializzate nel produrre su vasta scala di pezze giustificative per attività mai svolte: complessivamente per un importo di 25 milioni di reddito. E mettendole poi a disposizione di aziende attive, così da ridurne il reddito. E’ stata condotta dalla Guardia di finanza di Crema, sebbene sotto la direzione della procura della Repubblica di Lodi, l’operazione denominata in codice Fenice e conclusasi, nei giorni scorsi, con la denuncia a piede libero di nove persone, ma anche con l’accertamento di un’evasione dell’Iva pari a 5 milioni di euro. Al vertice della piramide, stando agli accertamenti svolti dal personale del colonnello Cesare Marangoni, c’era un egiziano di 48 anni residente nel Lodigiano. Con lui, indagati a vario titolo a piede libero, altre otto persone: cinque connazionali, due di nazionalità romena e un italiano, residente nella Capitale. Nel corso dell’inchiesta sono stati sequestrati due appartamenti, sempre nel Lodigiano, ma anche denaro per un equivalente di cinque milioni. L’inchiesta è stata seguita passo passo dai finanziari della caserma cremasca di via Bartolino Terni, guidata dal tenente Gaia Sorge.
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