L'ANALISI
08 Aprile 2019 - 08:07
CREMA (8 aprile 2019) - Unguenti, infusi e candele, i cui influssi avrebbero dovuto risolvere le sue pene d’amore; ma oltre a non raggiungere l’effetto sperato, le sono costati, nell’arco di due anni, circa 600 mila euro. Denaro, consegnato in parte nel corso di appuntamenti fissati a Crema e in altre tranche a Milano. Soldi che lei, un’impiegata oggi 45enne residente in un paese della Bassa bergamasca al confine con il Cremasco, non aveva a disposizione. Ma pur di ottenere i benefici promessi dall’ottantenne milanese, presunta «maga», prosciugò prima il suo conto corrente, quindi attinse da quello della famiglia e infine prelevò fondi dell’azienda per cui lavorava. Per quegli ammanchi, risalenti al 2013, la 45enne bergamasca ha ormai chiuso il suo debito con la giustizia, con una condanna a un anno e sei mesi con la pena sospesa e il riconoscimento di un parziale vizio di mente, che l’avrebbe portata a prelevare il danaro. Ma il 12 giugno, davanti al giudice di Cremona Francesco Beraglia, si aprirà il processo per circonvenzione di incapace che vede imputata proprio la donna che avrebbe garantito una soluzione ai problemi sentimentali della cliente. Con la maga, accusati anche il figlio e un cliente della stessa, che sarebbe stato presentato alla 45enne bergamasca per dimostrare l’efficacia della sue pratiche.
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