L'ANALISI
29 Settembre 2018 - 07:54
Nella foto d’archivio il ‘Miobus’, servizio di trasporto a chiamata
CREMA - L’immagine, reale, è quella di un’anziana signora residente nel quartiere di Ombriano che non sarebbe riuscita a raggiungere l’ospedale con il Miobus, il servizio di trasporto urbano a chiamata: sarebbe dovuta scendere alla fermata del cimitero maggiore. Per capirci, avrebbe dovuto percorre a piedi la distanza che rimaneva. La sua ‘colpa’ era di non aver prenotato con largo anticipo. Ha optato per il taxi, sborsando (tra andata e ritorno) un ventina di euro.
Non c’era modo nemmeno di prenotare il ritorno, perché non era in grado di fornire un orario certo (non sapeva quando la visita a cui doveva sottoporsi sarebbe terminata) e altri collegamenti alternativi con il quartiere non ci sono. Risultato: o un lungo tratto di strada a piedi o ancora il taxi, che ha poi preso.
La critica che veniva e viene mossa al servizio Miobus di Autoguidovie è che «vive sonni tranquilli». Nel senso che riceve soldi per i chilometri percorsi e non per il numero di passeggeri trasportati. «Poco importa quindi — era stata l’obiezione mossa — se i piccoli bus girano per la città quasi sempre vuoti». Bus pieni solo nelle tre/quattro corse mattutine organizzate per il trasporto degli studenti. E qui si apre un altro capitolo. Le lamentele stavolta arrivano dai genitori degli studenti che abitano nei quartieri, costretti a prendere l’auto e portare loro i figli in classe, «perché i mezzi messi a disposizione non bastano. Sono strapieni». Nonostante quelli in circolazione in quelle fasce orarie possano trasportare 40 persone.
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