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DISASTRO FERROVIARIO

Le tre vittime del treno maledetto

Oltre ad Alessandra Giuseppina Pirri, sono decedute Maddalena Milanesi, Pierangela Tadini

Cinzia Franciò

Email:

cfrancio@laprovinciacr.it

27 Gennaio 2018 - 08:48

Le tre vittime del treno maledetto

Pirri, Milanesi e Tadini

  • Alessandra Giuseppina Pirri, 39 anni, è la vittima cremasca del disastro ferroviario. Abitava a Capralba con i genitori. E Capralba è un paese ancora incredulo. Si aspetta di conoscere la data dei funerali che sarà resa nota non appena le autorità competenti avranno dato il via libera dopo che sarà stata effettuata l’autopsia. Alessandra riposerà nel cimitero di Capralba. Giovedì Alessandra aveva preso il treno deragliato per recarsi come ogni giorno al lavoro presso una ditta di recupero crediti di Sesto Giovanni. All’amica Daniela Sassi, figlia di Ernestino Sassi, sindaco di Ricengo (altro paesino del Cremasco), tramite messaggio, prima di uscire di casa (abitava con papà Antonino, mamma Laura e la sorella minore in una villetta di via Degli Artigiani, alla periferia di Capralba) Alessandra aveva dato appuntamento direttamente sul treno maledetto. Ci sarebbe salita alla stazione centrale di Treviglio, che intendeva raggiungere in auto come poi ha fatto. E accanto all’amica, con la quale si recava in palestra ad Offanengo un paio di volte la settimana, Alessandra si è seduta, a bordo della carrozza accartocciatasi sul palo dell’alta tensione al momento dell’incidente. Daniela Sassi è stata più fortunata di lei. Ferita gravemente, è ricoverata in ospedale ma se la caverà, anche se ci vorranno almeno tre, anche quattro mesi prima di guarire. Nel frattempo, come si diceva, a Capralba prevalgono lo sgomento, l’incredulità per la tragica sorte toccata all’impiegata.
  • Maddalena Milanesi, radiologa, 61enne originaria di Caravaggio, è la seconda vittima del deragliamento. Si era laureata in Medicina all’Università degli studi di Milano e successivamente si era specializzata in Radiologia, Neurologia e Neurologia Oncologica. Era un dirigente medico dello staff di Radioterapia dell’istituto neurologico Besta di Milano. Ed è lì, che stava andando. Al lavoro. Lei come tutti gli altri pendolari di quel treno. «Il suo — hanno riferito i soccorritori — è stato il riconoscimento più difficile perché il corpo ha subito lacerazioni terribili che hanno impedito alle autorità di mostrarlo al marito». È stato solo grazie ai documenti e ad alcuni elementi forniti dal coniuge che è stato possibile avere la certezza dell’identità. Mercoledì sera, uscendo dall’ospedale, aveva lasciato un biglietto sulla scrivania di un collega: «Ricordati che dobbiamo decidere la terapia del paziente....». 
  • Pierangela Tadini, 51enne originaria di Caravaggio, in provincia di Bergamo, ma residente a Vanzago (Milano), è stata la terza vittima ad essere estratta dal regionale. Si era trasferita recentemente a Misano Gera d’Adda dopo aver vissuto alcuni anni a Milano. E viaggiava assieme alla figlia Lucrezia, 18 anni: una andava al lavoro, l’altra a scuola. Erano sedute una a fianco dell’altra. Vagone numero tre. La madre è morta, la figlia è stata sottoposta ad un delicato intervento chirurgico, ma è fuori pericolo. Deve la vita alla mamma. Perché a salvarla, stando ad una ricostruzione fondata su alcune testimonianze, è stata la mamma. Che prima di finire schiacciata fra le lamiere sarebbe riuscita a compiere il suo ultimo gesto d’amore: un braccio allungato a coprire e proteggere Lucrezia. Il coraggio della disperazione a chiudere un rapporto speciale. L’istinto. Che salva la vita.

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