L'ANALISI
24 Giugno 2016 - 08:34
Papa Francesco e don Emilio
CREMA - Una premessa per meglio comprendere: don Emilio Lingiardi, che sabato 25 giugno taglierà il traguardo dei 50 anni di sacerdozio, non si nega e risponde. Però, se la domanda è più maliziosa del solito, prima di replicare alza gli occhi al cielo e la bocca si apre a un sottile sorriso. Volete un esempio? Eccolo: «E’ vero che fra lei e il vescovo Cantoni non corre buon sangue? «(sorrisino, occhi al cielo). Assolutamente no, figuriamoci mi ha voluto presidente del Capitolo». Ma il sorrisino, che incontreremo altre volte, tradisce la natura diplomatica della risposta. Don Emilio può piacere o meno, ma non passa di certo indifferente. La sua storia personale è costellata di tanti viaggi, tante esperienze, ha insegnato cinque anni a Gerusalemme, conosce bene il mondo arabo: da pochi giorni è tornato dalla Siria: «Una situazione drammatica — dice con lo sguardo triste — non si capisce quale possa essere la via d’uscita». Visto che siamo in argomento, gli chiediamo se è favorevole o no alla moschea a Crema. Qui nessun sorrisino, la sua risposta è di getto: «Sono favorevole — dice — solo con l’integrazione si possono superare certi muri, solo conoscendoci possiamo capire le differenze, ma anche apprezzare le affinità. Certo, con una precisazione: tutto deve essere fatto alla luce del sole e soprattutto i sermoni devono essere tenuti in italiano. La fede avvicina, non deve separare. A Gerusalemme nel liceo dove insegnavo si tenevano tre ore di religione, due separate per cristiani, ebrei e musulmani e una comunitaria, alla presenza di tutti i ragazzi e degli insegnanti: era una ‘palestra’ di confronto molto importante. Forse si potrebbe introdurre un modello del genere anche in Italia...».
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