L'ANALISI
09 Marzo 2016 - 12:11
Gli avvocati Nerio Diodà, Corrado Limentani e Maria Laura Brunelleschi
CREMA - Vogliono essere risarciti due dei cinque minori vittime degli abusi sessuali, per l'accusa compiuti da don Mauro Inzoli, 66 anni, per tre decenni carismatico capo di Cl, confessore personale di Formigoni, fondatore del Banco alimentare. Mercoledì 9 marzo, davanti al gup, Letizia Platè, era fissata l'udienza preliminare del procedimento che vede 'don Mercedes', come veniva chiamato, accusato dal procuratore, Roberto di Martino, di otto episodi di violenza sessuale che avrebbe commesso abusando della sua autorità, sia nel suo ufficio dove teneva gli esercizi spirituali con i ragazzini, sia negli alberghi dei luoghi di villeggiatura dove Cl portava i giovani durante le vacanze estive. L'udienza e stata subito rinviata all'11 maggio prossimo, quando l'avvocato Maria Laura Brunelleschi, di Crema, si costituirà parte civile per le due vittime. I difensori di don Inzoli, gli avvocati Nerio Diodà e Corrado Limentani, di Milano, con ogni probabilità chiederanno che il sacerdote venga ammesso al rito abbreviato. "Nessuno può ignorare che un abbreviato sarà, alla fine, la nostra scelta", hanno dichiarato i difensori, nelle cui intenzioni vi è di arrivare ad un accordo con la collega Brunelleschi sul risarcimento prima dell'udienza dell'11 maggio. In questo modo, la difesa eviterebbe di avere nel processo la parte civile. Certo, qualsiasi risarcimento non potrebbe mai guarire le ferite provocate da don Inzoli alle sue vittime. Ferite che si riacutizzano ogni volta che il caso torna alla ribalta. La Santa Sede ha già punito don Inzoli, infliggendogli prima, per mano di Papa Ratzinger, la sanzione della riduzione allo stato laicale, sanzione poi ammorbidita, il 27 giugno del 2014, da Papa Francesco con una 'pena medicinale perpetua'. Il sacerdote deve condurre, tra le altre cose, una vita di preghiera e di umile riservatezza come segni di conversione e di penitenza'. Riservatezza che il non avrebbe invece rispettato, quando si presento' al tradizionale convegno sulle famiglie organizzato a Milano dalla Regione Lombardia, nel gennaio del 2015. In prima fila il governatore Maroni, in seconda don Inzoli, immortalato dai fotografi. Scoppiò una fortissima polemica. A sollevarla fu un indignato Franco Bordo, il parlamentare di Sel che tre giorni dopo la sentenza religiosa, il 30 giugno, con il suo esposto in procura, fece aprire l'indagine penale,nel corso della quale, il procuratore, attraverso una rogatoria, chiese gli atti al Vaticano. Ma la Santa Sede non collaborò.
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