L'ANALISI
09 Gennaio 2016 - 12:21
CREMA - Nel giugno scorso, il varo del regolamento venne salutato come «conquista di civiltà» dall’ampio schieramento a favore. Sebbene il parto, nell’aula degli Ostaggi, fosse stato tutt’altro che indolore, con fratture evidenti all’interno della stessa maggioranza alla guida della città. Ma a sei mesi di distanza, il registro delle unioni civili — a Crema — resta desolatamente bianco: nessuna adesione, al più qualche richiesta di informazioni sugli «effettivi vantaggi» derivanti dall’iscrizione. Interessamenti ai quali, però, non è seguita alcuna ‘formalizzazione’ dell’unione. Non che la registrazione garantisca il valore di un matrimonio, ben inteso; ma era stato proposto come «segnale di apertura» verso le coppie non sposate, etero o gay che fossero. L’obiettivo — ribadisce oggi il sindaco Stefania Bonaldi, al timone di una coalizione di centrosinistra — era «fornire un’opportunità ai concittadini», svolgendo una «funzione di supplenza, a fronte del colpevole ritardo della politica nazionale nel legiferare sulle coppie di fatto». Crema, come altre municipalità, si è quindi impegnata a riconoscere prerogative nei servizi, in precedenza appannaggio esclusivo delle famiglie tradizionali. Ma l’apertura — come detto — è rimasta puramente simbolica. I voti favorevoli al testo attuativo, ultimo atto di un percorso avviato un anno e mezzo prima, nella seduta decisiva dell’estate 2015 furono 14, compresi i «sì» del Movimento 5 Stelle, estraneo alla coalizione di governo. Mentre in seno alla coalizione di maggioranza, si sfilarono figure tutt’altro che di secondo piano, quali il presidente del consiglio comunale Vincenzo Cappelli ed Emilio Guerini, entrambi in quota al Partito democratico (il medesimo movimento d’appartenenza del sindaco).
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