L'ANALISI
12 Giugno 2015 - 15:30
L'esterno della villa di Offanengo
AGGIORNAMENTO
OFFANENGO - Dall'ospedale di Crema, dove è ricoverata in prognosi riservata, Fabiola Provana sarà trasferita nelle prossime ore all'ospedale di Cremona. La 49enne unica sopravvissuta alla strage famigliare che si è consumata venerdì fra le mura di una villa di Offanengo, con tutta probabilità dovrà essere sottoposta ad un nuovo intervento chirurgico alla testa.
La donna, a differenza del figlio Michael — per il quale i colpi sparati dal Francesco Pea sono stati mortali — è stata solo ferita, seppur con pesanti conseguenze, dalle pallottole. Fabiola ha 49 anni ed è casalinga, dal matrimonio — una ventina d’anni fa — si è trasferita con il marito a Offanengo, anche se non nell’abitazione che è stata teatro della tragedia, nella quale la famiglia viveva da soli cinque anni. Provana è infatti originaria di Chieve, dove ha vissuto con i genitori e la sorella Monica e in gioventù ha lavorato come parrucchiera.
OFFANENGO — «Non si può più andare avanti così... ». Prima le urla, poi — uno dopo l’altro — i sette colpi di pistola nel salone della villa con piscina di via Circonvallazione Sud, alle porte di Offanengo. Tre dei proiettili esplosi dal padre si sono conficcati nel torace di Michael Pea, studente universitario 21enne, senza lasciargli scampo. E altrettanti hanno colpito al ventre la madre del ragazzo, la 49enne Fabiola Provana, casalinga ora ricoverata in prognosi riservata all’ospedale di Crema. Francesco Pea, rappresentante di caffé di 52 anni e noleggiatore di slot, deve aver creduto d’aver ammazzato anche lei, la moglie. E pochi istanti dopo aver fatto fuoco, alle 8 e un quarto di ieri mattina, l’uomo si è puntato il revolver alla tempia e ha premuto il grilletto, rimanendo ucciso all’istante. «Problemi economici», filtra a caldo dagli investigatori. E il movente troverà conferma in uno scritto, cui Francesco ha affidato tutta la sua disperazione: i carabinieri l'hanno trovato al pian terreno della villa che i Pea avevano acquistato meno di cinque anni fa.
Francesco, era originario del Pavese e fino a un paio d’anni fa gestiva un’impresa di noleggio di slot machine destinate ai locali pubblici. E sarebbe stata quell’attività a rivelarsi, almeno negli ultimi tempi, tutt’altro che florida per la famiglia, «eppure — spiega un ex cliente — sembrava andasse tutto bene». Da qualche tempo, però, i vicini vedevano Francesco uscire di casa di buonora alla guida di un furgoncino bianco, carico di caffè. «Gente riservata — assicura chi abita nella via —: lui era sempre in giro per lavoro, lei sbrigava le faccende domestiche. Il figlio, Michael, frequentava l’università... dicono che fosse anche un ottimo studente. Sembrava gente con buone disponibilità economiche». Nessuno, insomma, aveva avuto sentore della spirale di disperazione che stava strangolando il capofamiglia e che è esplosa ieri mattina.
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