L'ANALISI
08 Maggio 2015 - 11:35
Il palazzo della provincia a Cremona
PIANENGO — «Non toglieteci il sorriso»: così, inizia (e finisce) la lunga lettera di sfogo — ed appello — dei genitori di un ragazzo ipovedente di Pianengo, ‘specialmente abile’, come loro amano definirlo. Dove ‘sorriso’ sta per l’assistenza educativa (e scolastica) ad personam ai disabili sensoriali e della scuola secondaria, che potrebbe essere messa in discussione — nel prossimo futuro — da una comunicazione del presidente dell’ente provinciale di Cremona Carlo Vezzini, inviata a fine marzo ai sindaci dell’Area vasta (organo in sostituzione della ‘vecchia’ Provincia). Un comunicato, nel quale si prospetta ai primi cittadini, a causa dei tagli statali all’ente provinciale, «una remissione di responsabilità, di competenze e spese», relative all’assistenza ai disabili. Un passo indietro, secondo i genitori che firmano la lettera, rispetto alla «legge dello stato italiano numero 517 del 1977: basta scuole speciali che sono un ghetto, la parola d’ordine è integrazione con il mondo normale». Un proposito che, a questa famiglia, è sempre sembrato buono «sulla carta», ma poco concretizzato nella realtà, fino all’intervento della Provincia (almeno quella di Cremona). Intervento e sostegno che ora, alla luce delle nuove disposizioni, rischiano di scomparire. Almeno, questo raccontano i genitori del ragazzo, in un passaggio della lettera: «Inizia la scuola e dopo poco ti crolla il mondo addosso… Ma integrato cosa? Bastano, se ti va bene, nove ore la settimana di un insegnante di sostegno a realizzare l’integrazione? La risposta è semplice e purtroppo scontata… No! Ti senti perso, ti disperi, non sai cosa fare, ma ti fai forza perché non può finire così! È allora che scopri che la tua provincia, nel mio caso quella di Cremona, da molti anni ha attivato una collaborazione con l’Istituto dei ciechi di Milano e lì trovi persone che dell’integrazione scolastica e sociale delle persone con problemi visivi hanno fatto una missione. La provincia segnala il caso all’Unione dei ciechi di Milano e tuo figlio viene preso in carico. Si prendono contatti con la scuola e, se hai la fortuna di trovare un dirigente scolastico in gamba, sei già quasi a cavallo». Alla scuola del ragazzo arriva — stando al racconto dei genitori —una tiftologa (studiosa della disabilità visiva, che propone soluzioni sul piano dell’integrazione sociale e culturale) che collabora con personale docente e famiglia e il cui lavoro porta ottimi frutti. Anche gli step successivi dell’inserimento sono aiutati dai contatti — garantiti dall’ente provinciale — con l’istituto milanese, che offre anche strumentazione tecnologica e personale adeguato a supportare i progressi nell’integrazione. «E allora via a fare corsi, imparare ad utilizzare la tastiera alla cieca (senza guardare i tasti) o in Braille se serve e la sintesi vocale che fa sempre comodo e chi più ne ha più ne metta! Certo tutto è migliorabile ma vi assicuro che con un po’ di buona volontà il tutto funziona egregiamente», si legge ancora nella lettera. Un ingranaggio che ora potrebbe incepparsi, e che «si rompesse, addio integrazione, quella vera, perché quella sulla carta continuerà ad esserci. Per favore non toglieteci il sorriso! In fondo basterebbe lasciare le cose come stanno», concludono i genitori, sperando in un lieto fine.
Copyright La Provincia di Cremona © 2012 Tutti i diritti riservati
P.Iva 00111740197 - via delle Industrie, 2 - 26100 Cremona
Testata registrata presso il Tribunale di Cremona n. 469 - 23/02/2012
Server Provider: OVH s.r.l. Capo redattore responsabile: Paolo Gualandris