L'ANALISI
14 Gennaio 2015 - 10:36
L’attuale ponte che scavalca l’Adda a Spino, collegando Cremasco e Lodigiano
CREMA - Il ponte si farà. Era rimasto escluso, per mancanza di fondi, dall’autunno ‘caldo’ dei cantieri; ossia dai mesi dell’accensione dei motori, quelli degli escavatori, per la gran parte delle ex opere incompiute, riuscite a strappare finanziamenti in extremis. Ma il destino del raddoppio del ponte di Spino d’Adda della nuova Paullese, la sbavatura per eccellenza nel panorama delle infrastrutture destinate a cambiare volto al Cremasco, è prossimo ad una svolta. Sfumata la chance del decreto Sblocca Italia, da cui la politica locale sperava di ottenere i 16,5 milioni di euro necessari ad ampliare le arcate ed eliminare un ‘imbuto’ dalla futura superstrada per Milano, la nuova opportunità passa comunque da Roma.
A confortare le aspettative della schiera di pendolari, i cinquemila cremaschi che quotidianamente si servono della ex statale 415, è ancora una volta il sottosegretario alle Riforme dell’esecutivo di Matteo Renzi, Luciano Pizzetti. Il senatore cremonese del Pd — già a novembre — da queste colonne aveva assicurato «ogni sforzo possibile» nella partita del ponte. E nei giorni scorsi ha incontrato il ministro per le Infrastrutture, Maurizio Lupi: «Il via libera politico c’è, ora stiamo lavorando alla copertura dei costi». Per l’opera erano scesi in campo una cinquantina di sindaci dell’asta della ex statale, inviando una lettera al premier. «Lo Stato, purtroppo, ancora una volta non ci ha dato ascoltato...». La frase era rimbalzata da un palazzo municipale all’altro, alla pubblicazione dello Sblocca Italia. Ma la pratica Paullese, seppur lontana dai riflettori, non era destinata ad arenarsi nei corridoi romani. «È un tema a cui ci siamo dedicati — garantisce Pizzetti — come dimostrano gli incontri avuti con Lupi. Non appena chiusa la fase dei lavori parlamentari di questi giorni, la maratona delle riforme, tracceremo il punto. Il nodo è quello delle risorse necessarie, che di per sè non sono affatto enormi, sebbene vada comunque trovata l’adeguata copertura. Ormai non si tratta più di valutare se vada fatta o meno l’infrastruttura: anche il ministro è d’accordo. Siamo allo stadio successivo, quello dell’individuazione dei fondi».
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