L'ANALISI
15 Ottobre 2014 - 17:53
La bara di Alberto sul sagrato
CREMA - Oltre 300 persone per l’ultimo abbraccio a ‘Dodo’. Un abbraccio, più che un saluto, perché «gli abbracci di Alberto — hanno ricordato gli amici — erano indimenticabili». Chiesa parrocchiale del quartiere San Carlo gremita il pomeriggio di mercoledì 15 ottobre per i funerali di Alberto Doldi, il 24enne (avrebbe compiuto i 25 anni martedì), scomparso da Crema una settimana fa e restituito domenica dalle acque dell’Adda, nel bacino della centrale idroelettrica Bertini, a Cornate d’Adda (Lecco), poco distante dal luogo in cui era stata ritrovata la sua auto solo quattro giorni prima. Alberto si sarebbe buttato da 85 metri d’altezza, dal ponte San Michele di Paderno d’Adda: «Quando ero piccolo e temevo l’altezza dei ponti e la profondità dell’acqua — ha esordito don Maurizio Vailati, nella sua omelia —, non accettavo mai la mano tesa di mia madre, volevo essere indipendente, superare l’ostacolo da solo. Forse la stessa cosa è successa ad Alberto. Tanti ponti deve avere incontrato nella sua vita, che — per paura e solitudine — devono essergli sembrati troppo alti, su vallate profonde. Molte erano anche le mani tese che, forse a causa della timidezza o di altre difficoltà, ha scelto di non afferrare». Sulla bara bianca di Alberto, una maglietta con il numero 100, forse a ricordo della sua passione sportiva a 360 gradi. Gli amici hanno chiuso poi l’omelia, con un racconto personale degli anni trascorsi in compagnia del ragazzo.
Il servizio sul quotidiano La Provincia di giovedì 16 ottobre
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