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Lone Ranger, alla scoperta del nuovo kolossal Disney

Simone Marcocchi

Email:

s.marcocchi@gmail.com

16 Luglio 2013 - 11:41

La locandina di Lone Ranger

C’era molto scetticismo, soprattutto nel sottoscritto, per la visione del nuovo kolossal Disney e le premesse c’erano tutte: un Depp ormai vittima di quel Jack Sparrow che ormai sembrava vivesse in ogni suo film successivo a quel ruolo (come se fosse quasi una richiesta specifica dei registi) e l’ombra dei Pirati dei Caraibi che incombe sulla stessa locandina, il che faceva presagire: blockbuster ad alto costo, con molte luci, sicuri sequel, merchandising a pieno ritmo... ma poco sostanza.


Lo dico sinceramente, La Maledizione della Prima Luna a me è piaciuto molto, geniale sfruttare la trama creata da una giostra disneylandiana, ottimo ritmo incalzante e personaggi talmente riusciti e azzeccati che perfino lo spaesato Orlando Bloom è risultato credibile. Poi la virata a babordo e i seguiti, più vuoti di un guscio di noce alla deriva, ha completamente snaturato le buone idee iniziali ed era appunto su questa linea intrapresa che temevo iniziasse questa saga.


Bisogna ammettere fin da subito però che il regista Gore Verbinski aveva dalla sua due cartucce da giocare molto potenti: la prima è quella di essere reduce da un Rango che ha fatto impazzire critica e pubblico, raffinato e fuori dagli schemi film western in computer grafica che ha palesato quanto quest’ultimo potesse saldamente dire la sua; la seconda che questo stesso genere, ormai dato per morto, non è mai più riuscito fino in fondo dopo i film di Sergio Leone e pertanto aveva molto spazio per non imitare nulla di precedente e concedere una boccata d’aria fresca.


Lone Ranger affonda le sue radici nel dopoguerra con sceneggiati alla radio, serie tv, fumetti e ogni sorta di media dell’epoca. Fa sorridere come in realtà sarebbe bastato guardare al territorio italiano per avere tra le mani il bonelliano Tex (anche se la sua fama ha già varcato molte frontiere tra cui appunto quella americana) con storie d’autore e personaggi ben più caratterizzati con villain da far accapponare la pelle ed avventure mature e complesse, ma tant’è.


In un trionfo di effetti speciali ipertrofici trovano spazio anche un Depp nella parte di Tonto (si, è il suo nome) che questa volta torna ad essere poliedrico trasformista, non come ai tempi burtoniani, ma comunque la sua interpretazione è fresca, confermato anche John Reid (Armie Hammer) perfettamente calato nei panni polverosi del pistolero solitario, così come gli altri nella parte di buoni e cattivi.


Risolto quindi lo spauracchio Pirati dei Caraibi e perfino la paura che potesse diventare il nuovo Wild Wild West, quello che rimane è un giocattolone di proporzione epica che vi farà salire sul carrello della miniera con un’inizio da fuochi d’artificio e vi farà scendere ai titoli di coda con il sorriso sulle labbra.


Esagerato nelle scene al limite anche dell’impossibile da Indiana Jones, talvolta patetico nelle risate pecorecce strappate a suon di gag non sempre riuscite, ma esplosivo, dinamico, fresco e divertente fino alla fine. La trama, si ne esiste una, vi farà cambiare idea sulle premesse un po’ banali e vi farà, io credo, sperare di vedere un seguito, nella speranza che non si ripresenti l’ennesima “trilogia da quattro episodi” (con altri già altri in cantiere) della saga marinara di Bruckeimer.


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