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Pareggiando si impara? Troppi pasticci per prendere per oro colato la doppia rimonta

Giovanni Ratti

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lromani@laprovinciadicremona.it

14 Settembre 2013 - 15:18

Pareggiando si impara? Troppi pasticci per prendere per oro colato la doppia rimonta

Il grigiorosso Brighenti contro Allievi dell'Albinoleffe (Foto Ib frame)

Si sperava di meglio, ma a un certo punto di temeva di peggio. Insomma non è il momento di fare troppo gli schizzinosi per questo primo pareggio, purché sia vero che pareggiando si impara. Perché la prima partita di un certo lignaggio ha detto forte e chiaro che questa Cremo è una squadra perfettibilissima, e ci vado leggero perché alla fine non si è perso e perché chi ha visto la partita in tele giura che sul secondo gol preso c’era fallo su Visconti. Il pareggio non è somma aritmetica di meriti e demeriti di due attese protagonista stagionali, maesito tutto sommato accettabile di una partita fatta più di errori e omissioni che di prodezze, in cui chi è stato due volte avanti paga abissali amnesie difensive, e chi ha rimontato due volte non ha granché di cui vantarsi, e farà invece meglio a chiedersi come diavolo ha fatto ad andare sotto due volte. Alla fine il pareggio è giusto perché nessuno meritava di vincere, nessuna di queste due squadre è ancora abbastanza entrata nella parte del Grande Sakem del campionato da meritare di cogliere uno scalpo illustre come quello dell’avversario. Essendo soggetto a premonizioni come una vecchia squaw, venendo a Bergamo mi erano tornati in mente tre vecchi sogni che facevo da giovane, e che avevano in comune il fatto di finire per trasformarsi in incubi. Numero 1: la cantante mora degli Abba mi concede un appuntamento, e poi al suo posto manda il batterista. Numero 2: conquisto il biglietto per il concerto dei Genesis, e sul palco salgono i Pooh. Numero 3: compro in edicola l’ambitissimo numero monografico di Playboy su Rachel Welch, e l’edicolante interista mi sostituisce il paginone centrale dell’attrice con il poster di Rummenigge. Insomma, la mia psiche era contesa fra la voglia di veder volare la squadra di Torrente, e il timore che questo esame arrivasse un po’ troppo presto. Se poi ci metti che i fari dello stadio di Bergamo brillavano nel cielo come tante lune Comanches, quelle che erano temute dai pionieri perché favorivano le razzie della tribù pellerossa più feroce, ecco che non c’era da essere del tutto sereni. L’AlbinoLeffe all’inizio è sembrato intimidito, veniva da pensare che questa nuova Cremo fosse difficile da decifrare anche per gli avversari.
Tutto chiuso per poi provare scorrerie sulle fasce, sembrava anzitutto preoccupato di invitare la Cremo all’errore. Il fatto è che la sciagurata rispose, eccome, se avessi un euro per ogni errore gratuito che ho visto ieri sarei ricco come Thohir (ma avrei idee molto migliori delle sue su come spendere i soldi). La Cremo era piena di buone intenzioni, corta e pressante recuperava palla su palla, senza peraltro avere la minima idea poi di che cosa farsene. Palermo ha servito una gran palla ad Abbruscato al 6’ (diagonale appena fuori) poi è sparito un’ora prima che Torrente facesse entrare un altro al suo posto. Loviso non ha mai trovato posizione e misura, e l’attenzione tattica che gli è stata riservata dagli avversari non può bastare a giustificare la sua eclissi totale. Visconti ha subìto il mismatch di vigore atletico con Pesenti ed è stato una cambiale in protesto fino al cross del due a due. Caridi fino al gol dell’1-1 è rimasto in ostaggio di una legge non scritta del calcio, se sei decisivo entrando a partita in corso la volta che giochi dal primo minuto non ne azzecchi mezza. Carlini è inciampato nella propria ombra finché, vedendo Brighenti pronto a prendergli il posto, si è voluto per la terza volta togliere la soddisfazione di mettere almeno l’accento finale sulla sua partita stonata. Bremec prima di salvare la serata con una gran parata su Pesenti (a cui ne è seguita un’altra ancora migliore, non andata a referto per fuorigioco del tiratore) aveva incominciato facendosi saltare da un pallone che aveva il solo torto di rimbalzare (palla fuori di un paio di metri, ma lo spavento c’è stato) e poi era stato coinvolto dall’esitazione di reparto sul primo gol. Potrei continuare ma non voglio farmi troppi nemici in una volta sola. E allora dirò benino di Abbruscato, il quale però dovrebbe avere il coraggio di usare anche il destro, di Francoise che in un debutto durato un quarto d’ora ha ricordato ai compagni che al calcio bisogna giocare con slancio, e allora tanti problemi svaniscono come segnali di fumo. E soprattutto Abbate, l’unico grigiorosso del quale si possa dire una cosetta magari banale, ma che spesso diventa determinante: quando aveva palla lui, quasi sempre a riceverla è stato un compagno. Ognuno ha il suo ruolo, per carità, ce ne sono alcuni in cui la quota d’errore è per natura più alta perché più alto è il quoziente di difficoltà delle giocate.Malui si è preso tutte le sue responsabilità e anche quelle di altri, con una percentuale di positività molto alta, che ha fatto notizia soprattutto nel confronto con la fallibilità degli altri. I tenori di questa squadra sono altri, maguarda un po’ ieri sera avevano tutti la bronchite. Dammi dieci Abbate, e ti vinco il campionato. Augh.
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