L'ANALISI
ARTE
30 Dicembre 2023 - 10:40
CREMONA - Uno spazio fisico, reale e conosciuto che entra nella dimensione del mito, dell’inesplorato, del mistero: la nebbia e la neve alterano le sensazioni, ridisegnano il paesaggio e spostano l’asticella del tempo. Fino al 18 gennaio, al Museo di Storia naturale (via Ugolani Dati) si può visitare la bellissima mostra fotografica Neve e nebbia in Valpadana di Luigi Briselli, Claudio Pezzarossa e Luciano Rivara. Di Martignana di Po il primo, nati e cresciuti appena al di là del fiume gli altri due: per tutti e tre le stesse atmosfere a creare un immaginario visivo in cui l’orizzonte si perde nel nulla, punteggiato ogni tanto da sperduti campanili, da qualche cascinale o da filari di pioppi simmetrici come eserciti in parata.
La nebbia e la neve - in una parola, l’inverno - amplificano ed esaltano il senso di vuoto, la visione di un nulla in cui l’uomo è presente anche in assenza perché pochi territori sono antropizzati da millenni come quello padano. Ve n’è traccia negli argini elevati a proteggersi dai capricci del fiume, che quasi mai si vede ma che si avverte sempre. Ve n’è traccia nelle cascine dalle finestre chiuse, ve n’è traccia incredibilmente poetica nel disegno lasciato dagli pneumatici.
E sono, del resto, immagini in assenza: la neve e la nebbia coprono, dissimulano, mascherano. La neve e la nebbia possono inghiottire le rare figure umane, rendono evanescenti i confini, trasformano in irreale e metafisico ciò che è reale, tangibile. Sono immagini (quasi) in bianco e nero, seppure quasi tutte a colori ed è incredibile la gamma di sfumature dei grigi, dei bianchi, degli azzurri lattiginosi del cielo d’inverno.
I rami intirizziti dalla galaverna disegnano preziosi merletti, e spiccano rare macchie di colore: il giallo imprevisto di foglie autunnali, il rosso di un tramonto, il chiarore timido di un’alba. E poi c’è il bianco, che i colori li comprende tutti, e che per ogni fotografo è un sfida perché riflette una luce abbacinante e perché schiaccia la profondità.
Ci si perde nello spazio, ci si perde nel tempo: «Anche l’alba diventa sera», cantava non a caso Fabrizio De André in Inverno. Fotografare la nebbia o la neve è aprire le porte all’immaginazione, è dare consistenza a qualcosa di rarefatto, destinato a svaporare o a sciogliersi nel giro di poco. Si vede ciò che appare, si intuisce ciò che è nascosto, si lascia campo aperto alla mente e al cuore. La nebbia, in particolare, può essere colta come metafora. È sospensione del presente, pensiero puro. Il titolo della mostra - Neve e nebbia in Valpadana - è da bollettino meteorologico, eppure richiama l’intuizione di un mondo, non il mondo stesso, ed è poesia per immagini. La nebbia avvolge, la neve raggela un paesaggio che appare sempre uguale eppure è mutevole: campi, rogge, pioppi, quel che resta dei gelsi, cascine. Ognuno con il proprio stile, Briselli, Pezzarossa e Rivara raccontano una stagione simbolo della sospensione della vita e del suo prossimo rifiorire.
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