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CREMONA
La casa di Resim Kastrati a Pozzaglio
CREMONA - Dall’anonimo appartamento in campagna a un luogo segreto, dove è stato raggiunto via Skype. «Non dico di averlo fatto, ma anche se avessi appoggiato i ribelli come l’Esercito libero siriano perché avrei doto essere espulso? L’America li sta aiutando e anche l’Unione europea»: sono le prime parole di Resim Kastrati, 22 anni, l’immigrato che viveva a Pozzaglio e che, il 19 gennaio, è stato obbligato a tornare nel suo Paese perché, ha scritto il Viminale, «ha abbracciato l’ideologia jihadista ed è inserito in un contesto relazionale con persone che condividono le sue stesse posizioni estremiste».
Fausto Biloslavo, inviato di guerra, triestino, grande conoscitore dei Balcani, lo ha scovato e intervistato per Panorama (nel numero in edicola giovedì 26 febbraio) nell’ambito di un’inchiesta ad ampio raggio intitolata: ‘Kosovo-Italia. la testa di ponte dell’Isis per l’Europa. La bandiera nera sventola già nel cuore dell’Europa. La filiera balcanica diretta in Siria’.
«Ogni tanto predicavo nelle moschee - ha detto Kastrati –. Ho video di giovani italiani convertiti. Vogliono arrestarmi per questo?». A parole, condanna l’Isis ma non il simbolo della bandiera nera che rappresenta il sigillo del Profeta. In un post su Facebook, ha affermato di essere pronto a sacrificare la vita per Maometto. Alle accuse di aver finanziato la guerra santa, ha risposto che ha solo «dato una mano all’ong Islamic rellef Italia a raccogliere aiuti umanitari per i rifugiati siriani». Sulla strage di Charlie Hebdo è stato ambiguo: crede sia una messinscena. Il suo obiettivo? Tornare a casa nostra. «Sposare la mia compagna italiana, non musulmana». E che abita in un paese vicino a Pozzaglio.
Sul giovane macellaio disoccupato emergono altri particolari. Sarebbe stato influenzato da Mazllam Mazzlami, imam di Prizren (Kosovo), arrestato lo scorso settembre per sermoni estremisti e poi rilasciato, ma sempre sotto inchiesta per incitamento alla guerra santa. Ha scritto Biloslavo: il maggiore Fatos Makolli, comandante dell’antiterrorismo di Pristina (capitale del Kosovo), ha detto che colloca personaggi legati all’Italia come Mazzlami nella «categoria degli imam che propugnano un Islam radicale e fanno il lavaggio del cervello ai giovani». Un altro ‘cattivo maestro’ di Kastrati sarebbe stato un nome noto: l’imam Husein Bilan Bosnic, sotto processo a Sarajevo per l’invio di jihadisti in Siria e l’adesione al Califfato. Tra i leader più influenti della comunità wahabita balcanica, Bosnic, predicatore itinerante, in passato ha tenuto sermoni nell’ex centro islamico di Cremona (una volta) e nella piccola moschea di Motta Baluffi (due volte). E’ stato arrestato a settembre nella maxi operazione (nome in codice ‘Damasco’) scattata a Sarajevo e in altri centri della Bosnia.
Kastrati, per andare al fronte, avrebbe contattato Chaddad Tamer, cittadino siriano considerato un importante terminale per il reclutamento di combattenti dall’Italia alla Siria. Kastrati, il classico musulmano della porta accanto che però faceva poco per corrispondere all’altro cliché dell’estremista fantasma (tanto da far dire ai suoi vicini di Pozzaglio: «Abbiamo avuto dubbi su di lui sin dal primo momento. C’era un viavai continuo, gruppi di 7-8 persone. Si comportava come un capetto. Musica araba sino all’alba»), era collegato ai componenti della banda kosovara autrice, il 14 dicembre 2013, della rapina, pistole in pugno e passamontagna, all’autogrill di Cremona sulla A 21. L’assalto sarebbe servito a finanziare la causa siriana ma Kastrati ha negato.
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Gilberto Bazoli
26 Febbraio 2015
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Commenti all'articolo
enrico
2015/02/27 - 19:07
Per come "funziona" lo faranno tornare e poi magari un piccolo sussidio naturalmente casa a spese del comune e utenze pagate .
Rispondi
They
2015/02/27 - 06:06
Perché intervistare certa gente? Perché cercare sempre delle scuse e delle belle parole per chi non le merita?
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