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La prima pagina de La Provincia con la notizia dell'assassinio di Kennedy
DALLAS - Dallas non vuole essere più 'The City of Hate', la città dell'odio. Vuole togliersi di dosso questa tremenda etichetta che tanti gli hanno affibbiato dopo il 22 novembre del 1963. E ora s'inchina, unita, per onorare la memoria di John Fitzgerald Kennedy, l'uomo che nelle parole di Barack Obama «ha incarnato l'America». Oltre 5.000 persone partecipano alla commemorazione ufficiale nel luogo in cui esattamente 50 anni fa il 35esimo presidente degli Stati Uniti venne ucciso a fianco della moglie, crivellato dai colpi a bordo della sua Lincoln scoperta, lungo la Dealey Plaza.
Il programma prevede l'intervento del sindaco, il democratico Mike Rawlings, preghiere del vescovo Kevin Farrell e molta musica suonata dalla Us Naval Academy Men's Glee Club, cioè la banda della Marina, il corpo con cui il giovane John aveva combattuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Poi lo storico David McCullough leggerà alcuni passi dei discorsi più celebri di Kennedy, infine le campane suoneranno a morto, proprio alle 12.30, il minuto esatto in cui furono esplosi i colpi mortali.
Tutto è rimasto più o meno come allora: sono stati rinnovati i lampioni ed è stato messo a posto il prato circostante, dove quel maledetto giorno erano in tanti, con le bandierine in mano, a festeggiare il passaggio di Jfk. Un clima di festa e spensieratezza che segnava non solo una presidenza, ma un decennio pieno di speranza e di fiducia nel futuro. Un'atmosfera magica spezzata, spazzata via per sempre dal sibilo delle pallottole che mandarono in frantumi il cranio di Jfk. Da poco è stato rifatto il marciapiede da dove un commerciante locale di tessuti, Abraham Zapruder, girò con la sua super 8 il più terrificante filmino amatoriale della storia americana, immortalando la storia che gli stava passando accanto in pochi fotogrammi che da 50 anni sono visti, rivisti, studiati e analizzati, sempre con lo stesso sgomento, in tutti gli angoli del pianeta.
Ma dopo anni in cui la città ha cercato di rimuovere collettivamente questa tragedia, ora Dallas si sente pronta a fare i conti con la propria storia. Oggi è la quarta città d'America, una realtà cosmopolita, moderna, che si vuole mostrare al mondo il più possibile aperta e tollerante. «Abbiamo il desiderio - spiega il sindaco democratico Mike Rawlings - di riconoscere questa data importante nella nostra storia e trasformarla in una commemorazione rispettosa della vita e dell'eredità del presidente Kennedy. Vogliamo onorarlo anche per dimostrare che Dallas in quel momento davvero lo amava. E soprattutto oggi è cresciuta fino a rendere omaggio alla sua leadership». Insomma, un gesto significativo, tenendo conto che Kennedy non era certo popolare in Texas, come tra gli stessi democratici del profondo sud. In fondo si trovava lì solo per un'iniziativa elettorale in vista della rielezione nel 1964. Sin dal primo momento, del resto, una larga fetta dell'opinione pubblica americana non credette che un unico uomo avesse potuto fare tutto da solo. Così Dallas divenne la città in cui «loro» hanno ucciso Kennedy. Basti pensare che solo un mese prima dell'attentato, sempre a Dallas, l'ambasciatore degli Stati Uniti alle Nazioni Unite, Adlai Stevenson, era stato aggredito a sputi. Non è un mistero che Dallas fosse considerato un focolaio di estremisti. Lo stesso Kennedy, prima di partire, disse a Jackie: «Stiamo andando in un Paese di matti». Da qui quella tragica definizione di Dallas come 'City Of Hate' che tutti in Texas vogliono far dimenticare. Tuttavia, persino Barack Obama ha scelto di non esserci, preferendo commemorare Jfk in forma privata, con un discorso al Museo di storia americana di Washington: «Rimane con noi, nella nostra memoria - ha detto Obama - non perchè ci ha lasciato troppo presto, ma perchè lui ha incarnato il carattere del popolo che ha guidato, resistente, risoluto, senza paura e amante del divertimento, pronto a sfidare le sfide impossibili, e soprattutto determinato a rinnovare il mondo».
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22 Novembre 2013
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