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CREMONA
Una pizza margherita
CREMONA - Pizza cara a Cremona, e prezzi raddoppiati (ed anche triplicati) dall’avvento dell’euro, per ‘della farina bianca impastata con l’acqua e un poco di conserva di pomodoro?’. La ‘provocazione’ di un lettore del giornale La Provincia ha scatenato immediatamente la reazione dei ‘pizzaioli’ di casa nostra, alcuni sulla piazza ormai da anni e che ‘rivendicano’ non solo la correttezza del loro operato, ma anche la qualità del loro prodotto, che spesso partecipa, vincendo, a competizioni locali e nazionali. Insomma gli operatori del settore non ci stanno ad essere messi, ancora una volta sul banco degli imputati e rispondono, colpo su colpo, meglio ingrediente su ingrediente, a quello che considerano un pesante ‘colpo basso’.
«Ho letto la lettera, mi piacerebbe che l’impiegato che l’ha scritta venisse a mangiare la pizza nel mio locale, così gli spiegherei prima di tutto che ci sono diversi tipi di farina, ma che i costi sono lievitati e non poco, dal 2000, quando una margherita costava 7.500 lire». Sbotta così Paco Magri, titolare del Dordoni, che da qualche anno ha aggiunto alla tradizionale cucina locale, anche le pizze, tra l’altro di notevoli dimensioni. Spiega Magri:«Le materie prime sono aumentate, il costo del personale è alto, ed è giusto che sia così; la gestione, che vuol dire bollette, luce, acqua, gas, è una vera a propria mazzata.
Ci sono le tasse, la vicenda della Tari dovrebbe insegnare qualcosa, e comunque è semplicistico dire che abbiamo raddoppiato. Per quanto riguarda gli ingredienti, faccio notare che ci sono le mozzarelle di bufala italiane e ci sono quelle irlandesi, e comunque se si vuol risparmiare, ci sono le pizze al taglio, quelle da asporto, che sono buone, ma non hanno i nostri ricarichi». Stessa musica al Giardino del Po, piazza Caduti del Lavoro, dove Silvio Ferrigno è più che mai contrariato e replica così:«E’ la manodopera quello che maggiormente incide sul costo finale della pizza, che noi facciamo nel forno a legna. Trovare un bravo pizzaiolo non è facile, e per tenerlo bisogna pagarlo in modo corretto. Sulle tasse e sulle bollette, sono d’accordo con i miei colleghi, faccio garbatamente notare che la pizza bisogna portarla ai nostri clienti al tavolo, ed ovviamente questo viene fatto dai camerieri, che devono avere il loro stipendio. Io una ‘margherita’ la metto 5 euro, a me costa 2 mezzo, il guadagno è facile da conteggiare. E poi ci sono serate in cui di pizze ne fai cinquanta, altre serate di ‘stanca’ in cui ne facciamo la metà. La crisi la sentiamo tutti, ma non mi pare che un panino imbottito preso al bar sia poi così conveniente».
Al Vesuvio di porta Venezia anche Elio Donnarumma è categorico:«Siamo qui da 45 anni, quando ancora in piazza c’erano i distributori di benzina, la ‘margherita’ la metto 5 euro, mi chiedo dove l’abbia mangiata il signore che vi ha scritto. Prima di aumentare di qualche centesimo ci pensiamo bene, ma quando un cliente mi chiede di metterci sopra funghi, formaggi, magari anche lo speck, le verdure, allora cosa dovrei chiedere?»
Nicola Vigilante della Bersagliera:«Nel 2001 un chilo di gorgonzola buono lo pagavo 7 mila lire, adesso lo pago 8 euro, cioè 16 mila lire. Il problema di fondo sono gli ingredienti: quelli di qualità sono cari, per noi come per i clienti. E lascio perdere il tema delle tasse...».
Chiude Pasquale Galasso, della ‘Casereccia’ di Pieve d’Olmi. «La gente non ha soldi, le famiglie fanno fatica ad arrivare a fine mese, noi siamo attenti a questo aspetto e non facciamo aumenti. Provare per credere».
10 Gennaio 2015
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Commenti all'articolo
alberto
2015/01/12 - 16:04
Non metto in dubbio che gli esercenti abbiano tante tasse da pagare, tante spese, camerieri ecc ecc, sta di fatto che mangiare una pizza sta diventando un lusso, spendere 50/60 euro una famiglia di 4 persone per mangiare una pizza è davvero tanto. In casa si fa e costa dieci volte meno.
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